Trent’anni fa l’assalto alla gioielleria Barducci. Così morì un uomo buono

La domenica prima di Natale i rapinatori fecero irruzione nel negozio di via Strozzi e Carlo fu ucciso mentre difendeva i suoi dipendenti. Medaglia d’Oro al valor civile alla memoria

Domenica 20 dicembre 1992: la folla davanti alla gioielleria Barducci dopo la tragedia

Domenica 20 dicembre 1992: la folla davanti alla gioielleria Barducci dopo la tragedia

Era il 20 dicembre 1992, trent’anni fa esatti, quando nel centro di Firenze avvenne la rapina più terribile della sua storia: il notissimo gioielliere Carlo Barducci, 57 anni, fu ucciso da una banda di rapinatori che, la domenica prima di Natale, assalì il suo negozio di via Strozzi. Barducci reagì alle violenze dei banditi sui suoi dipendenti e fu colpito da un colpo di pistola che gli recise l’arteria femorale. Per il suo coraggioso gesto, fu insignito con la Medaglia d’Oro postuma al valor civile. E oggi, in occasione del trentennale della sua morte, su spinta della moglie Teresa e del figlio Lorenzo che hanno mantenuto viva la sua memoria, il Comune – con l’impegno meritorio dell’assessore Maria Federica Giuliani – ha avviato l’iter per apporre una targa commemorativa in onore di Carlo Barducci sulla facciata del palazzo di via Strozzi che una volta ospitava la gioielleria di famiglia e dove avvenne la tragedia. Un grande fiorentino, Carlo Barducci, un uomo buono che lavorava per il bene della sua città. «Mirabile esempio di grande coraggio e sprezzo del pericolo, spinti fino all’estremo sacrificio», fu la motivazione della Medaglia d’Oro. Doveroso che Firenze lo ricordi.

 

Firenze, 20 dicembre 2022 - "Ciao amore, ci si vede dopo". Furono queste le ultime parole che Lorenzo Barducci, all’epoca ventidue anni, sentì dire da suo padre Carlo, presidente dell’associazione dei gioiellieri fiorentini. Era il 20 dicembre 1992, l’ultima domenica prima di Natale. E Firenze era uno spettacolo di colori, luci e sorrisi. Una festa.

Però.

Rewind, il nastro va indietro.

Un mese prima, Carlo Barducci sorride all’intervistatrice di una tv privata, galante come solo i fiorentini di una volta sapevano essere. Perché quello è Carlo: un Signore, con la Esse maiuscola, un Fiorentino, con la Effe maiuscola. Che è in campo ovunque per aiutare la sua città crescere: nel Rotary, nella potentissima Confcommercio dell’epoca, vice di Ugo Poggi. Tutto quello che può fare, dall’alto dei suoi sorrisi e dei suoi gesti, del suo esempio, lui lo fa. E dunque Barducci, gli chiedono, cosa pensa dell’escalation di rapine nel suo settore? Carlo sa bene che anche sua moglie Teresa ne è stata vittima: "L’importante è non reagire. Mai".

Però.

Però quella domenica del ’92 c’è un freddo cattivo, il freddo di Firenze che soffia dal nord, impatta sull’Arno e avvolge la città in una sciarpa di gelo. Il cielo è grigio, piovono spilli di ghiaccio. Intanto il destino, implacabile, sta già sistemando tutti i pezzi sulla scacchiera della vita. Di tante vite. Lorenzo ricorda: "Dovevo esserci anche io lì, quel giorno con lui". Dalla casa di Fiesole, quella mattina, scendono insieme, parcheggiano in un garage vicino al Duomo e passano davanti alla sede della Misericordia. Parentesi: Carlo Barducci era un uomo buono, profondamente religioso, era anche andato a Betlemme per pregare. Certo, aveva dei difetti, come tutti noi, perché era umano, ma nessuno parlava male di lui. E in una città feroce come questa era, ed è, tantissimo.

"E’ tardi per andare alla messa - dice Carlo a suo figlio –, dobbiamo andare a lavorare. Fermiamoci qui a dire una preghiera e andiamo". Pregano e appena entrano nel negozio di via Strozzi, accanto all’amico Poggi, squilla il telefono: è la dipendente di un altro negozio gestito dalla famiglia in via Canova. E’ malata, non può andare ad aprirlo. "Vado io", dice Lorenzo. "Ciao amore, ci vediamo dopo".

Però.

Alle 12.40 di quella domenica di festa, in negozio entra un cliente che chiede di vedere dei bracciali per un regalo. Tutto normale, pare, è Natale. Ma loro non sanno che quel cliente è Stefano Pompili, bandito romano legato, come tutti i suoi complici, a quella feccia che è la banda della Magliana. Sono già venuti qui, da Roma, per fare delle rapine. E sono cattivi. Poco dopo, un pony express suona alla porta del negozio: è il suo complice, Maurizio Massaria, una testimone dirà che "aveva gli occhi uguali a quelli di Van Gogh". Poi spunta un terzo uomo, Osiride Bracci, che vestito da Babbo Natale fa finta di attaccare manifesti sulle vetrine della gioielleria, ma solo per nascondere quello che accade dentro.

Perché dentro non è Natale, no. Massaria tira fuori una 44 Magnum, che non è una pistola da rapine, è molto di più. L’importante è non reagire, no? E invece. I banditi mettono le mani addosso ai suoi dipendenti, uomini e donne, e quello, per Carlo, non è tollerabile. Anche se l’altro impugna una 44 Magnum. Ma il gioielliere ha fatto judo e riesce ad atterrare uno dei due banditi. Sta per bloccare anche l’altro ma parte un colpo, e poi un secondo. Barducci, che ha solo 57 anni ed è in forma perfetta, crolla in un angolo con le mani al basso ventre. I banditi fuggono. "Mi hanno preso", dice Carlo a un commesso che chiama subito i soccorsi.

Però.

Due millimetri. La vita di Carlo Barducci viene recisa lì, per quei due millimetri che sarebbero bastati a evitare che il proiettile della 44 colpisse l’arteria femorale. Il gioielliere fiorentino muore così, steso sul parquet del suo negozio, mentre l’ambulanza ci mette sette minuti per fendere la folla sorridente, testimone inconsapevole di una tragedia, e arrivare in via Strozzi.

Rewind, ancora, 1994.

Carlo Barducci riceve la Medaglia d’Oro al valor civile alla memoria con questa motivazione, che definisce tutta questa triste storia: "Con pronta determinazione e incurante del grave rischio personale si opponeva reiteratamente a un tentativo di rapina. Mirabile esempio di grande coraggio e sprezzo del pericolo, spinti fino all’estremo sacrificio".

La polizia imbocca quasi subito la pista romana. Il palo ha abbandonato una copia del quotidiano Il Tempo. E il falso pony express lascia per terra le sacche di un’agenzia romana di consegne. Non solo: intercettazioni telefoniche portano a Massaria, e l’analisi dei tabulati dei cellulari dimostra che alcuni della banda erano a Firenze proprio il 20 dicembre. Per merito della questura di Firenze, della Digos di Fabio Cilona e della Mobile di Maurizio Cimmino, i rapinatori vengono catturati. Parte un processo dalle alterne vicende: dure condanne in assise il 20 gennaio ‘95, tutti assolti in appello il 23 gennaio ‘96. Ma il 13 febbraio ‘97 la Cassazione annulla tutto e ordina un nuovo processo d’appello che si chiude il 7 febbraio ‘98 con le condanne degli imputati. Nel gennaio 2000 la sentenza definitiva: Massaria, il bandito che sparò a Barducci, prende 30 anni, Pompili 23 e Bracci 14. Qualche tempo prima, il quarto uomo di questa vicenda, Michele Stancato, condannato a 11 anni per la precedente rapina del 22 aprile ‘92 alla gioielleria Coppini in via Calimala, aveva patteggiato la pena in Cassazione.

Però.

Massaria nel frattempo viene trovato morto in Croazia, gli altri condannati nel 2000 sono fuori: per il delitto di Carlo Barducci, per l’omicidio di un uomo buono, in galera non c’è più nessuno.

Sono passati trent’anni da quella orribile domenica. "L’importante è non reagire". Maledizione Carlo, avevi ragione.

Però.

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