Firenze, viaggio a S. Niccolò, il rione che cerca di resistere. "Il circolo è in pericolo"

L'Arci del quartiere è vicino all'addio, alcune botteghe hanno chiuso

Dentro il circolo Arci di San Niccolò (New Press Photo)

Dentro il circolo Arci di San Niccolò (New Press Photo)

Firenze, 8 gennaio 2020 - La sua storia comincia nel lontano 1897. Era da poco cominciato l'anno quando l'Arci di San Niccolò ha mosso i suoi primi passi arrivando nell’attuale sede nel 1960. Ben 124 anni che rischiano di essere spazzati via per sempre privando il  rione, elegante e allo stesso tempo popolare, uno dei più amati di Firenze, un po' della sua anima.

«Con le restrizioni per il contenimento dell’emergenza, la sopravvivenza di noi circoli è messa a dura prova, anche perché per il terzo settore, di cui facciamo parte, non ci sono stati aiuti» allarga le spalle sconsolato Leonardo Sgatti il presidente del circolo, il più antico di Firenze, che conta 180 soci. Così San Niccolò rischia di perdere un pezzo molto importante della sua identità. «I nostri spazi sono nati per favorire la socializzazione e l’aggregazione tra i cittadini – prosegue Sgatti -, per salvaguardare le relazioni umane che si giocano tutte sul contatto. Con l’emergenza sanitaria è tutto cambiato. Le varie limitazioni, contenute nei diversi decreti, hanno in un certo senso snaturato la nostra identità, il motivo per cui siamo nati, la filosofia che è alla base della nostra essenza». Il Circolo, infatti, è stato costretto a sospendere tutte le attività in presenza come i corsi di pittura, di ballo, di teatro.

«E’ chiaro che i fiorentini da noi non vengono per prendere il caffè ma per tutto quello che c’è attorno – si sfoga il presidente -. Senza aiuti per noi è difficile far fronte alle utenze e ai vari costi». Ma i volontari, grazie all’aiuto degli abitanti, ce la stanno mettendo tutta. Dal primo lockdown, si sono fatti in quattro per fare in modo che ai senza tetto del quartiere non mancasse mai un pasto caldo o una coperta. C’è chi si è preoccupato della spesa, chi delle medicine da portare a casa ad anziani o a persone in difficoltà.

«Cerchiamo di resistere» dice Beatrice Brilli, una residente. «Mio marito è nato qui e io mi sono trasferita nel 2012 – racconta -, di queste strade me ne sono subito innamorata. Anche se sono cambiate tanto e oggi di abitanti ne siamo rimasti pochi». Nel rione, che strizza l’occhio a Ponte Vecchio e a via Guicciardini, a macchia di leopardo resistono i negozi che sanno ancora d’Oltrarno, cioè di autenticità fiorentina, buon gusto o quello che resta. Come il forno Pierguidi, uno dei più amati, o lo storico ortofrutta di Simone Marilli. Per chi vive nel rione passare da lui è un po’ un rito. «San Niccolò è una specie di villaggio, un piccolo paese. Ci conosciamo tutti e rispetto ad altri quartieri, anche vicini, sta cercando di conservare l’anima. Quello che manca? Spazi di aggregazione» dice Matteo Galluzzo, titolare del ristorante A Modo Mio.

Alfredo Ceccarelli, I’ Pizzachiere di San Niccolò, ha aperto la sua attività nel 2012. «Tanti residenti hanno lasciato casa per affittarla a turisti e tanti negozi di vicinato hanno chiuso, noi ce la mettiamo tutta». Lo sa bene Alberto Navari al timone di Zeb, il frequentatissimo locale di via di San Miniato conosciuto un tempo come La Bottega delle Chiacchiere, diventato poi nel 2008 un ristorante di eccellenza. Lui nelle strade della riva sinistra ci è nato. «Noi fiorentini non siamo più padroni di vivere il nostro centro - le sue parole -, tanti abitanti hanno lasciato San Niccolò e tante attività storiche hanno chiuso. Un tempo questo rione era uno scrigno, oggi ha perso un po’ della sua essenza».

 

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