
Da poco ufficializzato in Italia un traguardo atteso da anni: la fibromialgia entra nei nuovi Livelli Essenziali di Assistenza (LEA),...
Da poco ufficializzato in Italia un traguardo atteso da anni: la fibromialgia entra nei nuovi Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), e per i pazienti che superano una certa soglia di gravità è prevista l’esenzione sanitaria. Una notizia che segna un cambio di passo. Ma che nasconde ancora troppe limitazioni. La fibromialgia è una sindrome cronica caratterizzata da dolore muscoloscheletrico diffuso, a cui si associano affaticamento intenso, disturbi del sonno, difficoltà cognitive e ipersensibilità a stimoli tattili, termici o emotivi.
Colpisce milioni di persone – in prevalenza donne – eppure resta una delle condizioni più controverse della medicina moderna. Il motivo principale? È una patologia idiopatica, cioè non ha una causa organica identificabile con certezza (per adesso). Non esistono esami strumentali che "provino" la presenza della fibromialgia, solo la sintomatologia riportata dal paziente. "Questo – afferma la ricercatrice Letizia Pontoniero –, nel mondo della medicina basata sull’evidenza, alimenta diffidenza e scetticismo. Molti si sentono dire: “Non hai nulla“, “Solo stress“, “Sei depresso“. Una riduzione brutale, che spesso riconduce la fibromialgia a una condizione psichiatrica, ignorando la sua natura sistemica e multifattoriale".
"Nel tentativo di rendere più misurabile l’impatto della fibromialgia sulla vita quotidiana – continua la dottoressa Pontoniero –, è stato adottato nel più ampio ambito della ricerca il FIQR (Fibromyalgia Impact Questionnaire Revised). Si tratta di un questionario validato scientificamente, composto da 21 domande che esplorano funzionalità fisica (difficoltà a svolgere azioni quotidiane), impatto globale della sindrome sulla vita del paziente e sintomi associati (dolore, sonno, stanchezza, problemi cognitivi). Il punteggio massimo è 100 ed il test sembra pensato più per le donne che per gli uomini. Nei nuovi LEA, l’esenzione è concessa solo se il punteggio FIQR è superiore a 82, cioè nei casi considerati ’molto gravi’. Un passo avanti, certo. Ma che non tiene conto della variabilità della patologia. Il punteggio può oscillare nel tempo, e chi oggi "non è grave" potrebbe esserlo domani".
Uno degli aspetti più drammatici riguarda la difficoltà di lavorare con la fibromialgia. "È una sindrome – riprende la ricercatrice – che raramente consente di sostenere un’attività lavorativa a tempo pieno, specie se faticosa, ripetitiva o in ambienti stressanti. Eppure, quando un paziente si presenta davanti a una commissione medica per l’invalidità, il giudizio è spesso superficiale. Se "cammina" e "parla", allora può lavorare. La realtà è che molte persone con fibromialgia vivono in uno stato di debilitazione intermittente, fatto di giornate buone seguite da ricadute pesanti. Non è pigrizia, non è fragilità emotiva. È un ciclo di dolore cronico e fatica che sfugge alle etichette".
"Per rompere questo muro di scetticismo – spiega Letizia Pontoniero – abbiamo scelto di raccontare storie vere. Di persone che convivono con questa sindrome ogni giorno, e che raramente vengono credute. Olga e Patrizia. Nomi reali, vite reali. Alcuni riescono a lavorare con adattamenti e sforzi enormi, altri hanno dovuto arrendersi, barcamenandosi tra diagnosi tardive e visite che sembrano interrogatori. Olga aveva un contratto a tempo indeterminato, reperibile 24 ore su 24, senza pausa. “Mi sono licenziata. Ero esausta. Anche stare seduta per più di cinque minuti era diventato impossibile, figuriamoci in piedi. Il mio capo mi pagava sempre in ritardo. Per colpa sua ho dovuto cancellare le sedute di fisioterapia“.
E ancora. "Patrizia – racconta la ricercatrice –, 64 anni, ex redattrice, non lavora più da tempo: la ’fibrofog’ ha annebbiato quella memoria lucida che il suo strumento di lavoro. La diagnosi di fibromialgia arriva nel 2008 grazie a un reumatologo attento, dopo anni in cui i suoi sintomi — dolori diffusi, stanchezza estrema, disturbi gastrointestinali — venivano liquidati come depressione".
"Conviverci non è facile – conclude Letizia Pontoniero – perché per anni, a volte ancora oggi, ha affrontato lo scetticismo medico e frasi come: “Stia tranquilla, di questa sindrome non muore, soffre soltanto“. Ogni testimonianza ci ricorda che non tutto ciò che non si vede è inesistente. E finché la medicina continuerà a misurare solo ciò che si può fotografare con una risonanza, migliaia di persone resteranno escluse da una piena tutela sanitaria e sociale.