
L’inchiesta “cattedropoli“ è ancora in mano al giudice
di Stefano BrogioniFIRENZECon le sue denunce innescò il caso “cattedropoli“, lo scandalo dei presunti concorsi pilotati sfociato in un’inchiesta su Careggi e Meyer, ora arenata dall’abolizione del reato dell’abuso d’ufficio. Ma contro l’otorinolaringoiatara Oreste Gallo si sono affastellate le segnalazioni di natura disciplinare per più episodi di "aggressione verbale" nei confronti di colleghi medici e un’infermiera. Tanto da costargli la punizione del “richiamo riservato“ inflitta dal Senato accademico; provvedimento che è stato confermato ora dal Consiglio di Stato, che ha respinto il ricorso del prof di Careggi contro la sanzione precedentemente confermata dal Tar: un “cartellino giallo“ che non dà avvio a un procedimento disciplinare.
Un caratteraccio, quello di Gallo, o una macchinazione contro un personaggio scomodo? Per i giudici della settima sezione non v’è dubbio che si tratti della prima ipotesi: "tutti i medici segnalanti descrivono un ambiente di lavoro caratterizzato da forti tensioni, con toni violenti e offensivi e modi minacciosi e intimidatori" tenuti dal professore, la cui condotta "pur ispirata a lodevoli preoccupazioni per il miglior andamento della struttura, finisce per essere totalmente controproducente".
Il suo contegno, si legge ancora, "produce un clima interno insopportabile" e "uno stato di ansia negli altri medici" i quali "vengono a causa di ciò a trovarsi nell’impossibilità di svolgere il proprio lavoro con la necessaria serenità, subendo una perdita di serenità di giudizio nelle scelte professionali".
Affermazioni che Gallo respinge. Impugnando la sentenza del Tar, egli era "tornato a dolersi dell’ostracismo che, a suo dire, sussisterebbe a suo danno da parte dei vertici dell’Università e dell’Azienda Ospedaliera, da ricollegare alla sua intransigenza ed “ingestibilità” in ambito lavorativo e che sarebbe dimostrato dalla mancata messa a concorso del posto di professore ordinario per il suo settore scientifico disciplinare nel timore che egli possa risultarne vincitore". A sostegno di tale tesi, la circostanza che prima delle sue denunce in procura "non sia mai stato contestato alcun episodio di aggressività contro colleghi o pazienti". Ma la "macchinazione" in suo danno è stata ritenuta infondata dai due tribunali, "per la decisiva ragione che essa non spiega in alcun modo l’episodio del diverbio da lui avuto con l’infermiera".
"La Commissione di garanzia - prosegue il Consiglio di Stato - si è interrogata sul punto e ha risposto in modo convincente che “se le accuse dei colleghi potrebbero in astratto essere ritenute il frutto di contrapposizioni personali e professionali ormai giunte oltre il livello di guardia“ questo di certo non può valere per l’infermiera. La signora non poteva avere nulla contro il professore che non conosceva nemmeno di vista. Quindi le sue dichiarazioni sono certamente prive di preconcetti e finiscono per rafforzare quelle dei medici".