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Damone licenziato, i retroscena Sfumato un trasferimento a Massa

Dopo l’iniziativa dell’Anticorruzione, Giani aveva proposto al dg silurato la guida della Fondazione Monasterio. Ma avrebbe potuto restare nel nuovo incarico soltanto per otto mesi. E ora il braccio di ferro legale. .

Damone licenziato, i retroscena Sfumato un trasferimento a Massa

FIRENZE

Poteva concludersi due mesi fa, anziché trascinarsi e finire in una probabile battaglia legale dagli esiti tutt’altro che certi. E che lasciano in sospeso Careggi, la più grande azienda ospedaliero universitaria della Toscana e tra le maggiori d’Italia.

Allertato dalla lettera dell’Autorità nazionale anticorruzione, il governatore Eugenio Giani aveva proposto al direttore generale di Careggi Rocco Damone, indagato nell’inchiesta di cattedropoli, di andare a guidare la Fondazione Monasterio di Massa, l’ospedale del cuore affidato a Marco Torre (il suo incarico scaduto il 28 febbraio scorso è stato prorogato). Damone, sulle prime, accettò. Un incarico triennale alla Monasterio gli avrebbe consentito – volendo – anche di prolungare la sua permanenza in attività visto che il contratto con Careggi sarebbe scaduto tra un anno e che a quel punto, il dg, da sessantottenne, non avrebbe potuto assumere nuove direzioni ma andare direttamente in pensione. Il giorno successivo, l’avvocato, ha fatto notare che con il meccanismo di rotazione proposto da Giani, prendendo spunto dalla circolare Anac, Damone sarebbe potuto restare solamente otto mesi. Ma la rotazione può essere applicata ai dirigenti, non ai direttori generali che hanno un incarico fiduciario. L’indecisione di Giani – spaventato dall’Anac – a quel punto è diventata fatale. In corso di mandato Giani avrebbe potuto spostare Damone d’imperio a un’altra azienda, senza troppe giustificazioni. E’ successo tante volte. ma non lo ha fatto.

Ora è partito il meccanismo di nomina della nuova dg Daniela Matarrese. Ma nel frattempo l’attuale direttrice sanitaria Teresa Mechi ha assunto la guida di Careggi da facente funzioni. Se il giudice del lavoro si esprimerà sul reintegro di Damone entro 60 giorni (come pare, già che l’udienza è fissata a metà aprile) non sarà necessario far entrare in gioco il commissario.

Il 19 aprile, l’appuntamento è dal giudice del lavoro Stefania Carlucci per quella che, almeno in ordine cronologico, sarà la prima battaglia della guerra di carte bollate che Damone, assistito dagli avvocati Eugenio Pelosi e Irene Lenzi, ha avviato contro il suo licenziamento. Non meno importante, però, è anche il ricorso presentato alla Cassazione con il penalista Francesco Maresca: alla Suprema Corte, la difesa Damone vuole smentire il principio della “continuità“ - secondo le convinzioni investigative supportate da alcune intercettazioni ambientali - di Damone con il precedente direttore generale Monica Calamai. Nel ricorso, si fa riferimento anche alla distanza temporale dai fatti contestati: l’episodio contestato a Damone, ovvero di essersi attivato per la cattedra straordinaria al dottor Peris, risale addirittura al 2018. Ma d’altronde, i tempi non sono la caratteristica migliore della "concorsopoli" fiorentina. Basti pensare che il dg del Meyer Zanobini, potenzialmente in una situazione analoga a quella di Damone, attende la decisione del giudice su una richiesta di misura interdittiva della procura dal settembre dell’anno scorso.

Ilaria Ulivelli

Stefano Brogioni