
Coronavirus, cinema chiusi
Firenze, 23 aprile 2020 - Dicembre 1996. Firenze era sgargiante e imbellettata, smargiassa e ancora vera. Le scorie del mondo digitale erano all’uscio ma invisibili quando Leonardo Pieraccioni s’incantava davanti agli occhi profondo mare di Lorena Forteza che ballava ammiccante il flamenco sul tavolo di cucina del casolare della famiglia Quarini.
Fu un ’Ciclone’ quel Natale, un ciclone dirompente come Batistuta che correva cresta al vento verso la bandierina, un ciclone che fece strabuzzare il cinema Adriano al Poggetto, zeppo ogni sera con risate che buttavano giù il soffitto quando l’ingenua Selvaggia si tuffava nel suo improbabile tosco-spagnolo. ’Hola hola hola, vo a dormire nell’aiola’...
"Sì, era sempre tutto pieno, come quando uscì ’Tu mi turbi’ del Benigni d’altra parte" sospira Maurizio Paoli, gestore del cinema di via Romagnosi, 66 anni di vita e 710 poltrone rosse che oggi stropicciano l’anima e un vuoto atomico che prende la pancia a cazzotti. "Chissà quando riapriremo – dice – questa crisi è davvero una botta per tutti". L’ultimo film proiettato la sera dell’8 marzo è stato ’Gli anni più belli’, quasi un beffardo commiato, poi buio in sala, in tutti i sensi. Paoli guarda avanti: "Speriamo che la gente abbia vogia di cinema quando potremo ripartire, ma una cosa voglio dirla: riaprire con duecento restrizioni non avrebbe senso".
Franco Baracchi, da quasi 25 anni proiezionista del Flora di piazza Dalmazia è gonfio d’amarezza: "Quando ripartiremo? E chi lo sa. C’è chi dice settembre, chi dicembre, chi aprile addirittura. Ma poi io mi chiedo, come ripartiremo? Noi avevamo già messo le X sulle poltrone prima ancora della chiusura ma non so quanto potranno essere rispettate le disstane in futuro". E così anche il tempio laico di Rifredi resta una cattedrale nel deserto, buona giusto a evocare qualche ricordo di serate leggere tra un pop corn e una mano che afferra l’altra nel buio.
Firenze è orfana delle sue sale, del Fiorella e del Marconi, del Principe, del Fiamma, dello Stensen, del Ciak. Ma le luci si riaccenderanno. Perché, come diceva Jean-Luc Godard, "quando si va al cinema si alza la testa, quando si guarda la tv la si abbassa". E noi di alzare la testa ne abbiamo una voglia matta.