
I processi non finiscono mai. Durano a lungo. Per certi imputati si susseguono. Uscito da Rebibbia a fine gennaio causa Coronavirus dopo la condanna definitiva di tre mesi prima in Cassazione a sei anni e mezzo per il crac del Credito Cooperativo, l’ex senatore di Fi e di Ala Denis Verdini, 70 anni l’8 maggio prossimo, è di nuovo sul banco degli imputati, stavolta per danno erariale, davanti alla Corte dei Conti. E’ la vicenda dei contributi pubblici per l’editoria percepiti indebitamente secondo le accuse da Il Giornale della Toscana, Il Cittadino di Livorno e Metropoli day. Finanziamenti per 24 milioni di euro, secondo la prima stima di inquirenti e investigatori. Di quel fiume di denaro adesso la procura regionale di viale Mazzini chiede conto – in proporizioni diverse – appunto a Verdini, ma anche a Massimo Parisi, Luca Enrico Biagiotti, Fabrizio Nucci, Gianluca Lucarelli, Samuele Cecconi, Girolamo Renzi Majorca Strozzi, Pierluigi Picerno, Andrea Clerici. Citate in giudizio pure le società Toscana Di Edizioni Srl e Toscana Sette Mari Scarl (entrambe in liquidazione). I loro ruoli all’epoca: Strozzi, presidente del CdA di Srl Toscana di Edizioni; Picerno Ad della stessa; Verdini socio di maggioranza e amministratore di fatto (anche di Nuova Italia soc.cooperativa e Sette Mari), Biagiotti consigliere presidente del CdA di Nuova Editoriale soc.coop; Nucci a Metropoli day. L’ipotesi di truffa avanzata dalla procura ordinaria al Dipartimento per l’Editoria in relazione ai contributi agli Editori il 2005 e il 2011 ricevuti da Società Toscana di Edizioni srl che pubblicava ‘Il Giornale della Toscana’ e ‘Metropoli’ è stato uno dei filoni (per il quale è scattata la prescrizione) della inchiesta sul tracollo del Credito cooperativo fiorentino.
Le vicende contabili non seguono ‘pedissequamente’ i procedimenti penali. Di due anni fa esatti la notizia di un altro step significativo pre-processuali: il sequestro di beni – a Verdini e all’ex deputato Parisi – fino a 9 milioni e 100mila euro ‘congelati’ per quei contributi per l’editoria "ottenuti non avendone diritto".
Tre i capisaldi intorno ai quali si è sviluppato l’odierno impianto accusatorio: la presunta ‘manipolazione’ dei dati di diffusione per rientrare nel paramento richiesto del venduto rispetto al diffuso; il collegamento ipotizzato dagli inquirenti con un’altra società a contributo (la Toscana di Edizioni) e il controllo di fatto da parte di un amministratore occulto (indicato nell’onorevoleParisi); l’altrettanto presunta sovrafatturazione con altre società del gruppo per ‘massimizzare i contributi statali per l’Editoria’. Con Metropoli day considerato dalle procure ("nonostante la sua evoluzione nel corso degli anni e i continui sforzi della cooperativa per migliorarlo", sottolinea il difensore di Nucci) di fatto fittizio, con l’unico scopo di massimizzare i contributi da far poi confluire attraverso una serie di società di servizi direttamente nella disponibilità dei due ‘dominus’ Verdini e Parisi. Teorema, o verità consolidata che, ora, al di là dell’esito della vicenda penale, comporta il dover rifondere i contributi?
giovanni spano