FRANCESCO QUERUSTI
Cronaca

Consolare. È l’arte del cuore

Lo scrittore Gesualdo Bufalino descrive la morte come ”una chiusura lampo che fulmineamente richiude la vita”. Fulminea è anche la...

Lo scrittore Gesualdo Bufalino descrive la morte come ”una chiusura lampo che fulmineamente richiude la vita”. Fulminea è anche la malattia quando arriva e sorprende chi la subisce. In attesa della diagnosi i pazienti con lo sguardo nel vuoto pensano alle cose più essenziali della loro esistenza e riflettono su ciò che è stato e ciò che hanno fatto. Forse solo in quei momenti si capisce che per desiderare di dare un senso alla vita occorre che abbia un senso anche per gli altri. Avvicinandosi la fine di una esistenza difficile essere sereni non consola il pensiero di aver attraversato stagioni felici, di aver realizzato un progetto, di avere seminato il terreno per poter raccoglierne i frutti. Si è presi dallo sconforto e dal dolore. Il dolore fisico è forse dominabile dai farmaci, ma più difficile controllare il dolore dello spirito. Non si riesce ad anestetizzare questo dolore. Esiste una complessità dell’anima soprattutto quando si vivono esperienze di grande e sofferta intensità. Molti cercano di consolare chi soffre dicendogli che ci sono persone che stanno peggio di lui, cercando di condividerne la condizione, esortandolo a recuperare energie, il senso della vita. Consolare è un arte del cuore e della intelligenza che cresce e che porta i suoi frutti solo in un ascolto reciproco e sapiente senza voler essere ricerca di una soluzione alla sofferenza e allo smarrimento. Il più delle volte il conforto si esprime come consapevole condivisione della impotenza a cambiare le cause del dolore e dello smarrimento. Non sempre e non a tutto esiste una spiegazione a portata di mano. Quando manca questo esercizio di umiltà proliferano parole ipocrite, retoriche o eccessivamente sentimentali che nulla hanno a che fare con la supplica di chi soffre e chiede aiuto. Tutti noi nella sofferenza abbiamo bisogno di un orecchio che ascolta piuttosto di una bocca che parla.