OLGA MUGNAINI
Cronaca

Come alzare la guardia: "La prima azione da fare. Condividere le banche dati"

Don Bigalli: "Lo chiedono anche le forze dell’ordine"

Come alzare la guardia: "La prima azione da fare. Condividere le banche dati"

Come alzare la guardia: "La prima azione da fare. Condividere le banche dati"

"Non si impianta una mafia straniera senza fare accordi con la mafia locale".

Don Andrea Bigalli, presidente dell’Osservatorio Regionale della Legalità, e referente toscano di Libera, sintetizza così il suo mancato stupore di fronte all’ennesima inchiesta sulla malavita nel tessuto economico della città.

Don Bigalli, dal suo osservatorio privilegiato, che effetto le fa questa indagine nel cuore di Firenze?

"Non soltanto non mi stupisco ma dico che è un processo che sta evolvendo progressivamente, e inchieste di questo genere diventeranno sempre più frequenti, perché in città c’è da tempo una dinamica di infiltrazioni mafiose. Del resto è quello che continuano a dirci la magistratura e le forze dell’ordine".

L’Osservatorio Regionale della Legalità cosa sta facendo?

"Abbiamo fatto uscire di recente una raccomandazione, che poi la stessa indicata dalle forze dell’ordine: condividere più possibile le banche dati, per incrociare i dati stessi. Penso ad esempio alla Camera di Commercio, che ha informazioni importanti e che per altro siamo sicuri che abbia tutta la volontà di condividere. Si tratta di cominciare a lavorarci su. A volte il problema è proprio non mettere insieme tutte le cose che sappiamo già".

Ma le persone denunciano, sono spaventate, non si accorgono... Com’è?

"La gente purtroppo è concentrata su altre cose. Tutti parlano, in maniera non impropria, del problema sicurezza, baby gang, microcriminalità, che sicuramente nell’esperienza concreta di vita di un cittadino sono cose importanti. Non voglio banalizzare: se una donna ha paura a uscire la sera è un fatto grave, che non intendo minimizzare. Però si rischia di vedere questi aspetti e non vederne altri estremamente pericolosi".

Si parla di criminalità albanese.

"E questo è il sintomo dell’evoluzione delle mafie stesse, che stanno concentrandosi sulle dinamiche socio-finanziarie, diciamo fra virgolette legali, che rischiano di avere dei connotati fortemente ambigui. Riguardo agli albanesi, per esempio, pare che stiano diventando molto bravi a contendere ai calabresi lo spaccio della cocaina. Ma ricordiamoci che, in via di principio, non si impianta una mafia straniera senza fare accordi precisi con una mafia locale".

Cos’è la cultura premafiosa?

"I mafiosi sfondano perché a conti fatti siamo quello che siamo. Se avessimo una società dove le persone si pongono i problemi sull’etica della vita, sulla necessità di essere onesti per guardarsi nello specchio senza vergognarsi, le mafie non avrebbero terreno facile".

Pochi giorni fa abbiamo ricordato la strage di Capaci.

"Sì, e a ruota la strage dei Georgofili. Le celebrazioni sono importanti. Ma oltre a tagliare nastri, bisogna metterci a lavorare in una certa prospettiva. Perché è inutile che la gente dica mammamia c’è la mafia a Firenze. Sì, è un po’ che c’è".