Cinema, i mille set di Firenze: dal feroce Hannibal ai biliardi di Nuti

Fabrizio Borghini, studioso di cinema, da sempre attento al rapporto tra i film e i luoghi, ha raccolto anni di ricerche in un libro, "Firenze al cinema", edito da una piccola casa editrice, Masso delle Fate

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Firenze, 10 febbraio 2021 - "Firenze splende in questo mattino, come una lacrima agli occhi di chi si sta innamorando di te". Sono le parole di una canzone, "Firenze piccoli particolari". L’aveva scritta Amedeo Minghi; la cantò a Sanremo, con voce educata e leggera, Laura Landi. Chissà quanti registi si sono innamorati di Firenze, in un mattino di sole o by night, bella in un manto di stelle, come cantava - in un’altra canzone - Narciso Parigi. Di sicuro, in tanti hanno deciso di girarci un film.

Hanno cercato gli scorci più spettacolari, o le strade più remote. Le camere con vista sul sontuoso spettacolo del centro, o le periferie più vissute. Hanno cercato ciò che resta del Medioevo, o lo scenario per un thriller. O hanno scelto una città dimessa, umida, grigia, per ambientare gli scherzi malinconici dei protagonisti di "Amici miei". In mille modi, filmata, e amata.

Fabrizio Borghini, studioso di cinema, da sempre attento al rapporto tra i film e i luoghi, ha raccolto anni di ricerche in un libro, "Firenze al cinema", edito da una piccola casa editrice, Masso delle Fate. Ha resuscitato nomi, titoli, schede tecniche, fotografie. Il lungo racconto del cinema girato a Firenze.

È un racconto che parte da lontano. C’è già un "Giovanni dalle bande nere", film del 1910 di Mario Caserini; la più grande diva del Muto, Francesca Bertini, interpretò la Beatrice dantesca in un film del 1919. Ed è praticamente un kolossal "Dante nella vita e nei tempi suoi" che fu girato nel 1922 negli studi cinematografici di Rifredi. Già: Firenze aveva, all’epoca, una sua Cinecittà, in via delle Panche. Il Medioevo seduceva: nel 1937, il regista altoatesino Luis Trenker girò fra le armature vere della "cavalcata" del museo Stibbert: corazze, elmi e cimieri d’epoca, per "Condottieri".

E via e via, correndo all’impazzata nel corridoio vasariano, come i due protagonisti dell’episodio fiorentino di "Paisà" di Roberto Rossellini, che documenta la devastazione subita dalla città durante la guerra. Nel 1953, Alida Valli, malinconica e sola, cammina in via di Rifredi ne "Il mondo le condanna" di Gianni Franciolini. Nel 1954, Carlo Lizzani porta al cinema le pagine di Vasco Pratolini in "Cronache di poveri amanti": da Santa Croce a via del Corno, la Firenze più sanguigna e vera.

Verranno poi i registi stranieri: Brian De Palma affascinato dalle scalinate di San Miniato in "Complesso di colpa", James Ivory che porta i suoi britannici a smemorarsi a Firenze in "Camera con vista". Nel 2001 arriverà "Hannibal", con Giancarlo Giannini sbudellato in piazza della Signoria. Fra gli italiani, Troisi esordiva nel 1981 con "Ricomincio da tre", fra piazza del Duomo e ponte Vecchio; Francesco Nuti gioca a biliardo nei sotterranei del caffè Gambrinus in "Io, Chiara e lo Scuro"; Leonardo Pieraccioni, che firma anche l’introduzione del libro, gira a Firenze spessissimo. Franco Zeffirelli, fiorentino doc, racconta la sua infanzia in "Un tè con Mussolini". Dario Argento si aggira agli Uffizi per "La sindrome di Stendhal".

Ma Fabrizio Borghini non scheda soltanto le grandi produzioni: con la stessa attenzione, documenta l’uscita dei film indipendenti. Quelli diretti da Giuseppe Ferlito, come "Né terra né cielo"; "L’Universale" di Federico Micali, o il documentario su Batistuta, "El numero nueve", di Pablo Benedetti. Un lavoro minuzioso, che sarebbe bello proseguire: raccontando alcuni di quei film, intervistandone i protagonisti - quando ancora ci sono - o ricostruendo una mappa di strade e piazze in cui sono stati girati. Materiale per un secondo volume, chissà. Intanto, abbiamo già un meraviglioso album di figurine con cui giocare.

 

 

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