FRANCESCO
Cronaca

Che ci faceva Mario Luzi lungo il Bisenzio?

Francesco

Gurrieri

Nel 1963 Mario Luzi, con Sheiwiller, pubblica ’Nel magma’, plaquette di quaranta pagine, che si apre con la poesia “Presso il Bisenzio”. Dal punto di vista biografico e circostanziale quella lirica è di fondamentale importanza perché narra – autobiograficamente – dell’incontro con attori della Resistenza che lo accusano di mancata partecipazione all’impegno antifascista (Luzi era del ’14 e all’epoca aveva trent’anni). Nel commento di Stefano Verdino, purtroppo, non si coglie alcuna precisazione topografica e piuttosto si dimostra una generica cognizione del Bisenzio e delle ’gore’ pratesi. Mi sono chiesto più volte cosa ci facesse Luzi in Val di Bisenzio: perché escluderei l’incontro nel tratto urbano del Bisenzio in Prato e propenderei più per la zona pedecollinare verso Vaiano, ove sappiamo che furono presenti formazioni partigiane. A tal proposito si vedano le pagine del ’Coccodrillo Verde’ di Aldo Petri, ove, nel suo Diario del luglio-agosto 1944, ricorrono le località di Schignano, Sofignano, San Giusto, Vaiano. Purtroppo, a suo tempo, non domandai a Luzi notizie di chiarimento e quando la mia curiosità si fece più intensa chi poteva forse saper qualcosa se n’era andato (alludo ad Armando Meoni, Emanuele Bettini, Silvestro Bardazzi). Né mi seppero aiutare Alessandro Parronchi, né Umberto Mannucci. Insomma, questo mitico luogo ’lungo il Bisenzio’ ove il poeta consumò l’angoscia di quell’incontro, ha da restare indefinito? Forse no, perché da un recente colloquio con l’amico Carlo Lapucci (che di Luzi fu molto intimo) è emerso che l’evento pratese potrebbe spiegarsi proprio con l’amicizia con Armando Meoni. Col senno del poi, infatti, ciò spiegherebbe la generosa presenza di Luzi in Biblioteca Roncioniana, quando, proprio con Meoni, organizzammo un ’Incontro di Poesia’, al quale furon presenti anche Carlo Betocchi e Piero Bigongiari. Meoni era un socialista storico impegnato e Luzi doveva spiegare (prima di tutto a se stesso) quel suo consegnarsi totale alla poesia piuttosto che alla militanza resistenziale.