
Biglietto dell'autobus (New Press Photo)
Firenze, 8 novembre 2014 - IL 6 È UN AMARCORD dei tempi della scuola che viaggia sui pneumatici invece che sulle onde della memoria. Trentacinque fermate da Coverciano fino alle porte di Scandicci, in una tempesta di spintoni, zaini, smartphone e righelli che spuntano fuori e attentano ai bulbi oculari. E’ un vecchio bus il 6 e però fa la strada dei giovani (lungo il tragitto ci sono tantissimi istituti). Proprio il fatto che a bordo ci siano per il 90% ragazzi serve a camuffare gran parte delle magagne del servizio. Noi le abbiamo notate.
I RAGAZZINI fanno meno caso degli anziani alle frenate, riescono a stare in perfetto equilibrio anche quando l’autista rimette con poca grazia il piede sull’acceleratore dopo lo stop, chiudono un occhio se il sedile è sporco o se il mezzo è datato e nel pigia pigia, al limite, si fanno due risate. Il 6B sul quale siamo saliti ieri al capolinea di via Novelli è in effetti di vecchia generazione – sui sedili sono vergati col pennarello pensieri sgrammaticati e molti vetri sono graffiati con le chiavi – ma nessuno sembra averci fatto caso. Obliteriamo il ticket da 1,20 euro (30 centesimi in meno rispetto al sms) e partiamo. Il bus è puntuale (almeno quello...) ma nel giro di tre o quattro fermate la situazione si fa critica.
PROVATE a immaginare la situazione: sui bus, di regola, si sale dalla porta in cima e da quella in fondo e si scende giù da quella centrale. Ovviamente i quindicenni salgono al centro e escono in cima e in fondo. Così siamo in mezzo a un formicaio dove nessuno si oppone perché l’anarchia sembra diventata legge parallela. Finché c’è questa sorta di ‘autogestione’ – che l’autista, poveretto, non ha modo di arginare – tutto paradossalmente scorre. Quando invece un adulto giustamente vuol salire e scendere secondo le regole iniziano i guai. Come succede in via della Colonna. «Io ragazzi devo passare: fate voi..» dice una donna seccata e sudata in mezzo alla calca. Qualche risatina e tutto si risolve. Ci vuole pazienza. Ce ne vuole parecchia. Si va avanti comunque. Il 6 si ficca in San Marco ed entra in centro poco dopo le 13, ora di punta che più di così non c’è verso. Sono quasi quaranta minuti che siamo partiti quando passiamo davanti a Santa Maria Novella e puntiamo verso l’Isolotto. Sul bus si respira a fatica ma ce la facciamo. Resistiamo. La guida è, secondo noi, attenta e accorta soprattutto quando il pachiderma numero 6 sfila vicino alle transenne e ai turisti che in via della Scala attraversano un po’ dove capita. Fino a via di Scandicci, dove scendiamo, si procede senza altri intoppi ma una volta scesi realizziamo una cosa. Per tornare indietro, anche se il 6 che viaggia in senso contrario dovesse passare subito (cosa che non succede) ci vorranno almeno altri cinquanta minuti.
QUINDI? Quindi serve un altro biglietto e la spesa sale a 2,40 euro. Per carità, non è certo un dramma (attraversare la città in macchina vorrebbe dire spendere assai di più in benzina ed eventuali parcheggi) ma un dato fa riflettere: nel tempo in cui si fa ‘anda e rianda’ da Coverciano a Torregalli si arriva tranquillamente a Milano in treno. Insomma: qualche domanda poniamocela.
Il 6B arriva dopo una decina di minuti di attesa ed è leggermente più arioso rispetto al gemello che c’ha portato qui. Ci vuole quasi un’altra ora per tornare alla base (con una lieve, ulteriore, perdita di tempo alla stazione centrale per il cambio di turno fra autisti). Guida? Buona. Scossoni? Abbastanza. Postilla finale: su un bus che raccoglie decine di studenti fino a qualche anno fa ci sarebbe stato un allegro baccano. Oggi si parla meno, le teste sono particamente tutte chine sui telefonini. Che peccato, vero?
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