Bulli e vittime Chiedere scusa è il primo passo

Cristina

Privitera

Ieri abbiamo ospitato la lettera del padre della ragazzina, che ha trovato le parole per raccontare la sofferenza patita in questa settimana e la difficoltà di essere genitori di figli immersi in chat e social dei quali spesso si ignorano non solo i contenuti ma perfino l’esistenza. Mi auguro da genitore – ha scritto – di poter dare ai figli la forza e quei ’pensieri felici’ che possano aiutarli a superare le avversità della vita, così come capita a me. Altrimenti un padre e una madre a cosa servono? Ha avuto il coraggio questo padre di parlare pubblicamente – pur nell’assoluto anonimato a tutela della figlia – di un momento così duro da affrontare, dell’incredulità che tanta violenza senza senso si possa scatenare tra ragazzini che si reputano amici, della consolazione di aver sentito intorno una rete di solidarietà e vicinanza che non era scontato aspettarsi. C’è però un grande assente spesso nelle storie di bullismo che purtroppo sempre più di frequente finiscono in cronaca per la loro gravità. E’ la voce dei genitori dei bulli. Qui, come in tanti altri casi, non si tratta dei soliti screzi tra ragazzini. Qui si tratta di una persecuzione vera e propria esplosa poi con l’aggressione e la fredda ferocia del video diffuso. Sarebbe apprezzabile se anche questi genitori – che devono affrontare lo stesso mestiere difficile e dall’esito incerto di educare – si facessero avanti per dire anche soltanto un ’ci dispiace’. In un mondo perfetto sarebbe un gesto automatico, dettato dalle norme non scritte della convivenza civile. E sarebbe anche un ottimo esempio da dare ai figli, quello dell’assunzione della responsabilità, di ammettere di aver sbagliato e di chiedere scusa. Nell’educare, è un dato di fatto, l’esempio vale sempre molto di più di tante parole.

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