REDAZIONE FIRENZE

Bellini indagato per i Georgofili L’estremista di destra e la mafia Quell’accordo letale nel mirino dei pm

L’uomo dai mille volti e il rapporto con Gioè, affiliato di Cosa nostra, durante i preparativi per Capaci. I dubbi di inquirenti e Ros su quando si definì il progetto stragista di colpire il patrimonio artistico.

Bellini indagato per i Georgofili L’estremista di destra e la mafia Quell’accordo letale nel mirino dei pm

L’uomo dai mille volti, al secolo Paolo Bellini, da Reggio Emilia, già di Avanguardia nazionale e legato all’eversione nera, pilota d’aerei e killer della ’ndrangheta, "assassino" per sua stessa definizione, secondo alcuni giudici sicuramente protetto e coperto per molti anni da apparati di sicurezza e dai servizi segreti, è indagato dalla procura antimafia di Caltanissetta per l’attentato di Capaci e da quella di Firenze per l’attentato ai Georgofili (notte tra il 26 e 27 maggio ’93) e le altre stragi di quell’anno orribile. Il procuratore aggiunto Luca Tescaroli, che con il collega Luca Turco conduce l’inchiesta sui mandanti occulti, aveva già dichiarato fin dal maggio 2022 in un’intervista che "dobbiamo capire come mai Paolo Bellini, soggetto legato ad ambienti dell’estrema destra, si sia messo in contatto con gli appartenenti a Cosa nostra, in particolare Antonino Gioè, instillando il progetto di colpire proprio il patrimonio storico, artistico e monumentale della Nazione. E dobbiamo capire perché Gioè, parte di questa trattativa con Bellini, sia morto in ragioni non chiare a Rebibbia il 29 luglio ’93".E ancora: il motivo per cui Bellini (condannato all’ergastolo per il concorso nella strage del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna, e secondo il pentito Giovanni Brusca legato ai servizi, ndc) si incontrò con Gioè durante i preparativi per Capaci. Fu in questo contesto che fu instillato il proposito di attaccare il patrimonio artistico?". Gioè conobbe l’ex primula nera in carcere negli anni ’80 e lo definì "infiltrato dello Stato" nel biglietto lasciato prima di morire in carcere. Su questo legame intende fare luce Firenze.

Negli anni Bellini ha alternato fasi di collaborazione ad altre di ricaduta nel crimine, per anni ha vissuto tra Italia e Brasile sotto la falsa identità di Roberto Da Silva" adottata dopo che nel ’76, sparò a un uomo per via della sorella. Tra le frasi intercettate dagli inquirenti delle Dda di Caltanissetta e Firenze (con Dia di Roma e il Ros Firenze) e inviate alla Procura generale di Bologna ce n’è una particolarmente inquietante. Bellini riferisce di avere "sopportato per quarant’anni a stare zitto, quel gruppo specializzato..infamità nei miei confronti e di una classe politica e non potevo contestarli perché c’era di mezzo un giuramento". Giuramento non specificato, ma "inquietante" per il giudice. Bellini è considerato ancora pericoloso dai giudici "nonostante l’età, le condizioni di salute e il tempo trascorso dai fatti". Ora è di nuovo in carcere, arrestato su ordinanza della corte d’assise d’appello di Bologna per minacce nei confronti della ex moglie e del figlio del presidente Mancuso della Corte d’Assise di Bologna che l’ha condannato per la strage alla stazione. L’ex moglie lo ha riconosciuto dalle fossette al volto in un filmato amatoriale girato alla stazione. Bellini (che si è dichiarato innocente) la minacciò di morte già in Aula. "Ci sono le fossette ma ci sono anche le fosse..". Se dovesse pentirsi potrebbe forse riscrivere l’intera stagione delle stragi.

g.sp.