È chiusa la storica macelleria della Fattoria di Rimaggio in via Quintino Sella. E non perché gli affari vadano male, anzi, il titolare Alessandro Calvo Pegna è pronto pure a espandere l’attività, che già conta sette negozi tra Firenze e Arezzo. Il problema è che non si riescono a trovare dipendenti, nonostante i buoni salari.
"Le famiglie non educano al valore del lavoro. – spiega Calvo Pegna – Io ho 47 anni e quando ci chiedevano ‘lavori?’ si era fieri di dire sì, ora i ragazzi invece rispondono ‘no, ma riesco a tirare avanti lo stesso’. Vivono alla giornata, sono viziati dai genitori. Mi confronto con tanti imprenditori anche di altri settori e il problema non è solo nostro".
"Il negozio di Firenze era il cordone ombelicale delle origini: lì abbiamo iniziato prima come fornitori, 70 anni fa, poi da 50 come attività diretta – racconta Alessandro –. Da un anno stiamo facendo un cospicuo investimento su un progetto di ristrutturazione dei locali con un dipendente che a giugno, dall’oggi al domani, ha dato le dimissioni. Abbiamo tirato avanti fino a luglio, ma dopo la chiusura estiva ci siamo trovati fermi: non posso trasferire gente dal Valdarno, così abbiamo sospeso l’attività nella speranza di trovare qualcuno".
"I ragazzi fanno pagare ai genitori corsi da macellaio da 4mila euro, i nostri dipendenti invece non solo non pagano ma hanno pure uno stipendio, che parte dai 1.400 circa per superare i 2mila da macellaio esperto. Sono formati internamente per trasferire loro il sapere di 120 anni di storia (prima nasce la fattoria, poi i negozi, ndr) e i valori aziendali. Ma chi oggi è qui ha dai 45 anni in su, ragazzi non riesco a trovarli. Arrivano dall’alberghiero, facciamo tanto sforzo sia economico che formativo su di loro, ti aspetti impegno come contropartita, ma dopo sei mesi chiamano e dicono che non vengono più, vorrebbero staccare alle 17 e avere il week end libero".
"Ora entra un nuovo dipendente, è del ‘68; se arriva un cinquantenne che ha voglia di imparare e lavorare, non ho problemi ad assumerlo; ma se non trovo giovani, non c’è ricambio generazionale. Il paradosso è che dipendiamo dai dipendenti".
Carlo Casini