ALESSANDRO
Cronaca

Bartali eroe eterno. Spunta un inedito, scriveva di teatro: "Vent’anni dopo..."

È il titolo della commedia scritta con una Lettera 22 nel 1955. Rimasta in un cassetto per mezzo secolo, ritrovata a casa di un amico. .

Bartali eroe eterno. Spunta un inedito, scriveva di teatro: "Vent’anni dopo..."

Bartali eroe eterno. Spunta un inedito, scriveva di teatro: "Vent’anni dopo..."

Fiesoli

La prima scena si apre con Ermete, bombolonaio dell’arco di San Pierino, all’ombra del Cupolone, che parla stordito dal vino con uno dei leoni della Loggia dei Lanzi. "Cosa vuoi?", gli chiede il leone. Ermete, imprecando contro l’aumento delle imposte, lo invita a parlargli dei grandi uomini di Firenze. Il leone comincia così a raccontare la storia di Dante, Michelangelo, Leonardo da Vinci, Savonarola, del Vasari, quando il bombolonaio, sempre più alticcio, lo interrompe sdegnato. E lo rimprovera: "Hai dimenticato un grande di Firenze, Gino Bartali, e visto che non ne conosci la storia te la racconaterò io, proprio io, Sor Ermete, che Bartali l’ho seguito dal 1931 al 1954, perché Gino, come tutti sanno, ha vinto e commosso le folle a vent’anni e venti anni dopo". Potrebbe essere uno dei moltissimi, sterminati racconti, romanzi, libri dedicati a Gino Bartali e alla sua storia infinita di campione, uomo, personaggio, alle sue gesta sportive ed umane. Ma non è così. Questo copione contiene un suo segreto che lo rende unico, molto particolare ed inedito. E’ il soggetto per una commedia, mai rappresentata, che porta la firma dello stesso Gino Bartali, scritto si presume a quattro mani con un suo grande amico dell’epoca, Roberto Stavini, imprenditore nel settore delle moto, nome molto noto ai motociclisti con il suo negozio sui viali, e anche socio in affari dell’indimenticabile Gino, con le "MotoBartali". C’è da pensare che Bartali raccontasse e Stavini scrivesse, Gino faceva così anche quando dettava i suoi commenti, prima per "La Nazione" poi per "La Gazzetta dello Sport", alla fine delle tappe del Giro, per poi rileggere, con scrupolo. Sono, dunque, ventinove pagine, battute con la Lettera 22, datate 1955, con il titolo (provvisorio, viene specificato) "Venti anni dopo…di Gino Bartali", su soggetto, appunto, di Roberto Stavini, scomparso negli anni Settanta.

Per sessantanove anni, queste pagine sono rimaste chiuse in un cassetto di casa Stavini. Ne siamo entrati in possesso grazie a una molto cortese concessione del genero di Stavini, Gianni Innocenti, grande appassionato di Bartali e del ciclismo, oltre che delle moto. Di che cosa si tratta? Dell’enorme vicenda sportiva di Bartali rivissuta attraverso i flash sulle sue vittorie più grandi, Tour, Giri, la Sanremo, soprattutto lo storico Tour del ’48, quelle due mitiche tappe sulle Alpi, il Vars e l’Izoard, e i racconti e le testimonianze di personaggi dell’autentica Firenze di quei tempi. Come il bombolonaio Ermete e la sua famiglia, i ragazzi di San Frediano e don Cubattoli, il popolare don Cuba, grande figura di prete, amico di Bartali terziario francescano, il Cavalier Nicelli, negoziante di tessuti ed antibartaliano della prima ora, perché a Firenze c’era naturalmente anche chi borbottava, sostenendo che "quel giovanotto di Ponte a Ema" non sarebbe mai diventato un campione, o il Burberi in camicia nera, affrontato nella piazza del mercato da Torello Bartali, il padre: "Mascalzone, Gino è figlio mio, non del Duce".

Uno spaccato sportivo e sociale in pieno spirito o spiritaccio fiorentino, c’è da commuoversi, emozionarsi ancora e sorridere, fra artigianali echi pratoliniani ("Le ragazze di San Frediano" è del 1949) e scene da vernacolo, con le cronache bartaliane dal Giro e dal Tour alternate con battute, liti, scazzottate, scommesse con penalità goliardiche da pagare, come un bagno nella vasca della Fortezza o gli sfotto’ di quartiere. Un testo in due atti, il primo fino alla guerra, senza Coppi, il secondo atto dopo la guerra ("Bartali ha ripreso la bicicletta, la vita ricomincia") con Coppi, e tutte le baruffe conseguenti, anche fiorentine.

C’è il Bartali delle prime vittorie, della disperazione per la morte in corsa del fratello Giulio, dei trionfi più belli. E c’è la Firenze di allora, con Don Cuba che in bici batte tre coppiani e stende a pugni due soldati di colore delle truppe di occupazione che stavano molestando una ragazza, per poi invitarli a bere. Ci sono Bartali e Don Cuba insieme che salvano dal pignoramento il Villaggio artigianale di Signa. C’è anche l’amore, fra Nando e Maria, benedetto dal campione.

Le 29 pagine si chiudono con un ragazzino che scrive su un muro, con un mozzicone di carbone: "Viva Bartali". Una vera chicca, questa commedia bartaliana con l’amico Stavini, rimasta segreta.

Potrebbe essere riletta e utilizzata, sessantanove anni dopo, per farne una riduzione teatrale, e chissà cosa potrebbe pensarne il direttore della Pergola Riccardo Ventrella, grande appassionato di ciclismo, come racconta Giancarlo Brocci, l’inventore dell’"Eroica" di Gaiole. Un ringraziamento alla famiglia Stavini, e un grazie infinito anche a Gino, che rivive in queste pagine, lui che in realtà, per tutto quello che ha rappresentato, è come se fosse ancora in gruppo, a pedalare. E noi è come se fossimo sempre lì, seduti su un paracarro, ad aspettarlo.

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