Biancastella
Antonino
Quanti delle migliaia di turisti che visitano Firenze conoscono l’ultima esponente de’ Medici e sanno che ciò che ammirano è frutto dell’idea e della tenace volontà di questa donna? Chi visita la Galleria degli Uffizi, proprio all’ingresso, può oggi ammirare il suo grande ritratto: una bella signora bruna in abiti settecenteschi, Anna Maria Luisa de’ Medici, è lì pronta ad accogliere i visitatori in quella che per tre secoli è stata la casa della sua "magnifica" famiglia. Maria Luisa era nata a Firenze nel 1667, terza figlia di Cosimo III° Granduca di Toscana e di Marguerite d’Orléans che nel 1675 aveva però abbandonato la Toscana e la piccola fu così allevata dalla nonna paterna. Morto il primo fratello, l’altro, Gian Gastone, era senza figli e con un matrimonio infelice, perciò Cosimo tentò di far riconoscere dagli altri stati europei la figlia come legittima erede ma non ci riuscì – alle donne ciò era precluso – e così il Granducato sarebbe passato a Francesco I di Lorena. Ma alla morte di Gian Gastone, quando dovette effettuare la consegna dell’enorme patrimonio accumulato dalla sua famiglia nei quasi tre secoli di governo del Granducato, costituito da libri, statue, quadri, gioielli e "altre cose preziose", Maria Luisa inserì nella convenzione di passaggio di questi beni, che prese il nome di Patto di famiglia, una clausola giuridica che vincolava la consegna "a condizione che di quello è per ornamento dello Stato, per utilità del pubblico e per attirare la curiosità dei Forestieri, non ne sarà nulla trasportato, o levato fuori della Capitale, e dello Stato del Gran Ducato". In pratica i beni medicei avrebbero dovuto rimanere a Firenze dove si trovavano e questo vincolo, imposto da Luisa con grande lungimiranza, fece sì che la città potesse godere per sempre di questa preziosa eredità e non subire la sorte di Mantova o di Urbino, svuotate dei loro tesori con l’estinzione delle casate che le avevano dominate. Non solo, ma grazie a quella clausola, nessun altro poté appropriarsi di quel patrimonio o disperderlo, da Napoleone fino a Mussolini. Firenze, quanta riconoscenza devi all’ultima dei Medici!