Alluvione e ricerca di fede: "Sono atei, ma ci accolgono"

Il parroco del centro di Campi: "Anche chi non crede, ci apre e parla con noi" .

"Rispetto al passato ho dovuto registrare diversi rifiuti, motivati dalla giustificazione delle persone di dichiararsi atee e non essere quindi disponibili a ricevere la benedizione". Don Andrea Coppini, che è anche il vicario foraneo delle Signe, è il parroco di Sant’Angelo a Lecore, circa 650 le famiglie visitate, proprio come si faceva in passato, andando porta per porta, casa per casa. E non nasconde la propria preoccupazione. La sua parrocchia fra l’altro ricade nel Comune di Signa, ma la possiamo considerare di confine visto che a dividerla dal Comune di Campi c’è solo la via Pistoiese, un lembo di strada. Ecco perché le abitazioni dove è andato a ‘bussare’ fanno parte di entrambi i territori.

"Quella dell’ateismo – aggiunge don Andrea – è una motivazione nuova rispetto al passato e sulla quale c’è sicuramente da riflettere". Don Massimo Marretti, invece, è il parroco del Sacro Cuore, nel centro di Campi, una delle zone più colpite dall’alluvione di novembre. Più o meno duemila le case che anche lui benedice porta dopo porta, in tutto seimila famiglie: "Il modo migliore per incontrare le persone, una trovata geniale della sapienza pastorale della Chiesa". Don Massimo proseguirà fino a fine maggio e anche lui ha registrato una crescita delle persone che si professano non cattoliche o non credenti: "Rispetto a una quindicina di anni fa – spiega – è un trend purtroppo sempre più in crescita e che si è intensificato nell’ultimo periodo". Ma è un altro l’aspetto che il parroco del Sacro Cuore vuole mettere in risalto, ‘figlio’ dei mesi che la comunità campigiana sta provando faticosamente a lasciarsi alle spalle: "Tante delle famiglie che mi hanno accolto, hanno dovuto fare i conti con l’alluvione. Le più anziane addirittura per la terza volta dopo quelle del 1966 e del 1991. Si capisce bene quale è il loro stato d’animo quando mi aprono la porta di casa, che poi benedico stanza per stanza. E se quella fascia di età è quella più provata dalla furia dell’acqua, anche i più giovani non sono da meno. Alcuni hanno avuto le loro abitazioni devastate e proprio in questi giorni stanno rientrando dove avevano vissuto fino a novembre. Ma tutti si sono rimboccati le maniche, giovani e meno giovani". Non solo perché in diversi, che "magari in passato avevano rinunciato alla benedizione, quest’anno mi hanno accolto volentieri, anche solo per salutarmi o per scambiarci gli auguri di buona Pasqua".

Senza contare che già il Covid aveva influito pesantemente e che in tanti ci hanno messo del tempo prima di accettare che qualcuno, proveniente dall’esterno, potesse entrare nelle rispettive case: "Ma nonostante tutto – conclude don Massimo – l’attaccamento alla parrocchia c’è. Quest’anno sono partito volutamente dalle famiglie che sono rimaste alluvionate e devo dire che anche chi solitamente non viene a Messa, poi dice sì alla benedizione". Pier Francesco Nesti

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