Giovane offesa e aggredita in treno. "Nessuno si è mosso per aiutarmi"

Episodio di intolleranza in pieno giorno sul regionale Pisa-Firenze

Agenti della Polfer di servizio su un treno

Agenti della Polfer di servizio su un treno

Firenze, 31 agosto 2018 - Siamo talmente abituati ad andare dritti per la nostra strada, che abbiamo smesso di accorgerci degli altri. L’11 agosto dello scorso anno l’ha urlato Niccolò Ciatti: a vent’anni pestato a morte dentro il cerchio umano di un centinaio di suoi coetanei, che lo guardavano, immobili, stramazzare a terra come fossero stati davanti a un video di YouTube. Oggi, con la sua storia ce lo ricorda una giovane. «Siamo stati aggrediti nell’indifferenza di un intero vagone del treno». A raccontare l’episodio è un’infermiera originaria di Milano, C. C., che vive a Firenze da alcuni mesi.

Una vicenda di ordinaria violenza che sarebbe rimasta nell’ombra, come tante altre, se lei non avesse deciso di parlarcene. «Salgo sul treno regionale Pisa-Firenze alle 13, insieme a me c’è un ragazzo molto alto, che mi si siede a fianco. Mentre si accosta al sedile, un ragazzo africano gli urta involontariamente il braccio e subito si volta per chiedergli scusa. Ma da quell’urto tutto degenera. Il ragazzo alto infatti reagisce gridando insulti al ragazzo africano. Lo offende, urlando dice: “Brucia vivo!”, “Muori!”. Offese pesanti, che mi vergogno a ripetere. Ho le cuffie alle orecchie, ma le urla sono talmente forti che sento le sue parole distintamente».

Quindi la giovane racconta: «Di fronte a me è seduto un bambino, accanto c’è sua mamma, nei sedili dall’altra parte del corridoio sono seduti adulti, anziani e altri bambini. Nessuno interviene o si alza per avvisare il controllore. Sono scioccata, così mi levo le cuffie e parlo. Testualmente dico al ragazzo: “Smettila, ci sono dei bambini. Le tue idee tienile per te”».

Ma a quel punto, prosegue il racconto, «il bersaglio della sua violenza verbale divento io. Il vagone è sempre pieno di persone, ma anche in questo caso nessuno muove un dito, nessuno spreca una parola per difendermi. Sarebbe bastato un briciolo di umana solidarietà per zittirlo. Da Rifredi a Santa Maria Novella vengo insultata con le peggiori offese che mi siano mai state rivolte, ma rimango in silenzio, impietrita, mentre nel frattempo guardo negli occhi gli altri».

La giovane ferma il suo racconto ed è chiaro che il peggior schiaffo che ha ricevuto non è stato quello delle offese di un ragazzo maleducato e violento, ma l’indifferenza di tutti gli altri. Poi riprende: «Mi sono sentita sola in una carrozza piena di persone. Dentro di me ho sentito forte l’istinto di intervenire per difendere un mio simile, che veniva umiliato e offeso ingiustamente. Come hanno fatto gli altri a rimanere immobili?».

"Siamo tutti spaventati – afferma ancora – ma l’unione fa la forza. Ho raccontato dell’episodio a mia mamma, si è arrabbiata e mi ha detto che avrei dovuto farmi gli affari miei, ma io le ho ricordato che non sono questi gli insegnamenti che lei mi ha dato». Le chiedo: rifaresti quello che hai fatto? «Sì – risponde sicura lei – non mi importa se ormai essere umani è rimasta prerogativa di una minoranza, io non volterò mai la testa di fronte a un’ingiustizia».

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