
Sandra Alvino
Ha lottato tutta la vita per trasformare la lettera “o“ nella “a“, per gridare al mondo che lei era una donna e non un uomo. Ha combattuto per sposare il suo Fortunato. Ha litigato con preti, vescovi e cardinali. Ma non si è mai arresa. Lo ha fatto solo l’altra mattina, quando si è spenta fra le braccia del suo compagno. Sandra Alvino, storica paladina dei diritti civili, è morta a 77 anni, portata via da un male implacabile che l’aveva colpita pochi mesi fa.
Se la ricorda bene Vladimir Luxuria, che a questa storica trans riconosce il merito di aver aperto una breccia nell’ostinato muro della discriminazione.
Vladimir, lei ha conosciuto Sandra Alvino?
"Sì, certo. E ho sempre avuto un sentimento di grande riconoscenza per lei e per le altre trans storiche che hanno vissuto gli anni più difficili, che hanno combattuto quando non si poteva neppure pronunciare la parola trans, che venivi subito etichettata al pari dei delinquenti".
Cosa è cambiato da allora?
"Molto, per fortuna il fenomeno è stato sdoganato. Una volta non si poteva certo andare in televisione...Se ti prendevano venivi messo in prigione. Non bastava la gabbia di un corpo che sentivi non ti appartenesse. Ma ti davano anche la gabbia vera e propria della galera, ti punivano per quello che sentivi. Ecco, è grazie a persone come Sandra Alvino, che non ha esitato a pagare sulla propria pelle, che piano piano si è cominciato a parlare di noi, di quello che siamo, che proviamo, che percepiamo. Ma non è stata facile".
Quali sono stati gli ostacoli più grandi da superare?
"Basti pensare alle prime trans che sono andate a operarsi a Casablanca. Poi, quando tornavano, non potevano avere i documenti che riconoscevano il cambiamento di sesso e quindi non potevano essere considerate donne".
Cosa lascia Sandra Alvino per la battaglia dei diritti civili?
"Sandra lascia l’insegnamento della sua forza, grinta, determinazione e coerenza. Ma non solo battaglie ideali, anche risultati concreti: ad esempio lei è tra coloro che si sono battuti per ottenere la legge 164, secondo la quale il giudice può disporre una rettifica di attribuzione del sesso".
Con la religione è sempre stata una lotta. Si sentiva cattolica e, pur a modo suo, si è anche voluta sposare in chiesa.
"Perché rivendicava il fatto che essere trans non volesse dire per forza prostituirsi, stare sulla strada. Chiedeva dignità ed è stata dignitosa, a differenza di tanti indegni che invece le hanno puntato il dito contro e chiuso le porte in faccia. Oggi, anche grazie a lei ci sono tante trans che riescono ad avere una dimensione professionale riconosciuta, senza discriminazioni. E trovo davvero incoraggiante che il nuovo presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, abbia nominato come sottosegretario alla sanità del suo governo, Rachel Levine, pediatra e donna transgender".