
di Duccio Moschella
Ha vissuto una delle stagioni più intense del cattolicesimo fiorentino da una posizione di primo piano: don Milani e l’esilio a Barbiana, Giorgio La Pira e i suoi slanci profetici, i fermenti di padre Balducci e di padre Turoldo, fino allo ’strappo’ di Enzo Mazzi all’Isolotto, sono stati vissuti nel quotidiano con tutte le difficoltà, le amarezze e le ricchezze dialettiche della chiesa fiorentina della seconda metà del ’900. Come uomo di fiducia e segretario dell’arcivescovo Ermenegildo Florit, monsignor Paolo Ristori ha sempre avuto un posto in prima fila. Ieri mattina alle 6, l’ex proposto del Duomo ha concluso il suo cammino al servizio della chiesa, un percorso che nelle ultime settimane è stato molto doloroso. Aveva 89 anni e problemi di salute. Ospite del Convitto ecclesiale è morto dopo alcuni giorni di ricovero in ospedale dove era risultato positivo al Coronavirus. Ordinato sacerdote nel 1953, fu per un anno cappellano di San Pietro a Monticelli, ma poi la sua vita fu dedicata per lungo tempo al delicato ruolo di segretario personale dell’arcivescovo, cardinale Ermenegildo Florit, dal 1955 al 1977. Nel 1973 diventò Canonico della Cattedrale e nel 1983 vicario episcopale per Val di Pesa e Val d’Elsa. Dal 1987 al 2009 è stato proposto del Capitolo Metropolitano, poi arciprete della Cattedrale, dove domani alle 10 saranno celebrati i funerali dal cardinale arcivescovo Giuseppe Betori.
E’ stato il periodo a cavallo tra la staticità tridentina e le suggestioni del Concilio Vaticano II, la stagione più significativa dell’attività di monsignor Ristori, che ha rivelato nel corso degli anni numerosi retroscena di quel momento storico complesso. A proposito di don Milani, per esempio, sono passati alle cronache i contrasti e le intransigenze di Florit, prima che il segretario del cardinale non raccontasse alcuni episodi chiarificatori come la preghiera sulla tomba di don Lorenzo, pochi giorni dopo la sua morte. Monsignor Ristori, inoltre, ha confidato a Marcello Mancini e Giovanni Pallanti nel loro libro “La preghiera spezzata“, che il cardinale Florit, considerato il “tiranno“ dalla chiesa fiorentina del dissenso, avrebbe voluto il “progressista“ don Divo Barsotti come vescovo ausiliare. E sulla ’condanna’ di Enzo Mazzi e della Comunità dell’Isolotto: "O recedi da questo atteggiamento o ti dimetti dalla parrocchia: non puoi essere al tempo stesso, disse in sostanza Florit, il contestatore e il parroco".