
Pasto (foto Ansa)
Firenze, 18 settembre 2025 – Oggi è la Giornata internazionale per la parità retributiva, ma anche in Toscana c’è che chi guadagna molto e chi non riesce ad arrivare alla fine del mese. E come se non bastasse, resiste il gap tra i salari degli uomini rispetto a quelli delle donne. I dati parlano chiaro: 57mila famiglie toscane (pari al 3,5%) vivono sotto la soglia di povertà assoluta. È quanto emerge dall’ottavo rapporto su “Povertà e inclusione sociale in Toscana”. Il rapporto, pur registrando un lieve miglioramento nei dati complessivi del 2023 (-0.4 di nuclei in povertà assoluta) conferma la situazione di estrema difficoltà in cui si trovano tantissime famiglie toscane: il 13,2, secondo i dati, è a rischio di povertà o esclusione sociale. Povertà in Toscana: famiglie rinunciano a riscaldamenti, carne e pesce E sono molto diffuse le situazioni di disagio: il 15% delle famiglie ha difficoltà a riscaldare l’abitazione o a mangiare carne o pesce, il 12% non riuscirebbe a far fronte a una spesa imprevista di 800 euro. Le difficoltà sono amplificate per le famiglie con figli minorenni: il tasso di povertà assoluta è del 5,5% (a fronte di un’incidenza di povertà assoluta generale del 3,5%), Il rapporto è frutto di un lavoro collettivo del gruppo “Povertà ed inclusione sociale” dell’Osservatorio Sociale Regionale della Regione Toscana, in collaborazione con Anci Toscana, Irpet, Centro regionale di documentazione infanzia e adolescenza, Caritas Toscana e Università di Siena. Delle 350mila famiglie con minori in Toscana 19mila sono in condizione di povertà assoluta. Altro indicatore di povertà: la quota di famiglie con Isee sotto 6.000 euro risulta pari al 6,4% a livello regionale. Parità retributiva e trasparenza salariale: le 7 parole da conoscere in vista dell’International Equal Pay Day La parità retributiva rappresenta ancora oggi una sfida significativa, sia in Italia che in Europa. Nonostante i progressi compiuti negli ultimi decenni, persistono infatti differenze salariali che penalizzano alcune categorie di lavoratori. La trasparenza salariale si configura come uno strumento fondamentale per contrastare queste disuguaglianze, favorendo una maggiore consapevolezza e responsabilità da parte delle aziende. Con l’avvicinarsi dell’attuazione della direttiva UE 2023/970, che richiede agli Stati membri dell’Unione europea di adottare entro il 7 giugno 2026 misure per garantire la parità di retribuzione tra uomini e donne attraverso la trasparenza retributiva e i relativi meccanismi di applicazione, diventa ancora più importante familiarizzare con la terminologia chiave che definisce questa trasformazione nel mondo del lavoro. In occasione dell'International Equal Pay Day, che ricorre oggi, Babbel for Business, soluzione per la formazione linguistica aziendale, rinnova il suo impegno nell’educazione linguistica offrendo un pratico glossario per comprendere e utilizzare correttamente il vocabolario della trasparenza salariale. Dal “compensation disclosure” all’“unconscious bias”: l’ABC della parità salariale. Come sottolineano gli esperti linguistici di Babbel for Business, nel contesto internazionale vengono utilizzati molti termini in inglese legati alla parità e alla trasparenza salariale. Questi concetti, spesso diffusi prima nei Paesi anglosassoni, si sono consolidati anche nel lessico europeo e italiano, soprattutto tra chi si occupa di risorse umane, diversity & inclusion, sostenibilità e comunicazione aziendale. Gender pay gap: è sicuramente uno dei termini più noti quando si parla di parità retributiva; il “divario retributivo di genere” indica la differenza tra le retribuzioni medie percepite da uomini e donne. Solitamente viene espresso in percentuale (indicando, per esempio, quanto una persona guadagna in meno rispetto ad un’altra) oppure come rapporto monetario (mostrando quanto guadagna una persona per ogni euro - o eventuali altre valute - guadagnato da un altro lavoratore). Il gender pay gap rappresenta un indicatore chiave per misurare e monitorare le disuguaglianze economiche di genere nel mondo del lavoro, fornendo una base concreta per valutare i progressi verso l’equità retributiva. Pay audit: per individuare, all’interno di un’organizzazione, eventuali disparità ingiustificate nella retribuzione, in particolare legate al genere, si possono svolgere delle analisi sistemiche - i “pay audit” - attraverso le quali si analizzano i salari, i bonus e benefit concessi, ma anche ruoli, livelli di responsabilità e criteri applicati per promozioni e avanzamenti di carriera. In questo modo è possibile identificare e correggere eventuali iniquità e promuovere la trasparenza salariale. Compensation disclosure: un altro metodo per aumentare la trasparenza salariale consiste nel rendere pubblici (in parte o totalmente) i dettagli relativi alla struttura salariale di un’organizzazione. Possono essere incluse informazioni sulle fasce salariali legate alle posizioni e ai livelli, i criteri che determinano la retribuzione come esperienza e performance, la retribuzione totale dei dipendenti e le differenze retributive. Unconscious bias: questo termine (traducibile in italiano come “pregiudizio inconscio”) fa riferimento a giudizi automatici e spesso inconsapevoli che possono influenzare il modo in cui si valutano le persone e, di conseguenza, anche le decisioni legate all’ambito lavorativo, come salari, promozioni e assunzioni. Questi pregiudizi, spesso basati su stereotipi di genere, età o etnia, possono portare a disparità retributive ingiuste. Salary benchmarking: si tratta di un processo di raccolta dei dati retributivi interni ad un’azienda e del loro confronto con quelli relativi a posizioni simili offerte da altre realtà, generalmente attive nella stessa area geografica o nel medesimo settore. L’obiettivo è identificare le retribuzioni medie, comparare elementi quali salari e benefit offerti e valutare se l’organizzazione offre condizioni competitive rispetto alla concorrenza. Oltre a permettere di allineare le proprie pratiche agli standard di mercato e di attrarre i talenti, questo strumento consente di garantire maggiore equità e di portare alla luce eventuali squilibri salariali. Gender equality index: è uno strumento creato per misurare i progressi compiuti in tema di parità di genere nei diversi ambiti della vita sociale, economica e lavorativa all’interno dei Paesi membri dell’Unione europea. Sviluppato dall’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere (EIGE), l’indice viene pubblicato regolarmente dal 2013 con l’obiettivo di dare maggiore visibilità alle aree in cui persistono disuguaglianze. I dati raccolti offrono un supporto concreto ai decisori politici del continente nella definizione di politiche più mirate ed efficaci per promuovere la parità di genere. Silenzio salariale vs diritto all’informazione: una peculiarità tutta all’Italiana è sempre stata la riservatezza delle informazioni contenute nella busta paga, considerati dati sensibili e quindi non divulgabili. La nuova direttiva europea abolisce questo approccio, introducendo il “diritto all’informazione”, ovvero la possibilità di conoscere gli stipendi medi delle colleghe e dei colleghi che svolgono lo stesso lavoro, suddivisi per genere; inoltre, i datori di lavoro saranno obbligati a fornire queste informazioni entro due mesi dalla richiesta e non potranno più impedire ai propri dipendenti di condividere liberamente il proprio stipendio. “Stiamo assistendo a un importante cambio di paradigma che riguarda la definizione dei sistemi retributivi, frutto di pratiche culturali diverse da Paese a Paese - afferma Maren Pauli, Capo della Didattica B2B di Babbel for Business -. In questo contesto, la comunicazione diventa uno strumento imprescindibile: utilizzare un linguaggio chiaro e condiviso permette non solo di prevenire incertezze sui livelli salariali, ma anche di costruire un clima di fiducia, contribuendo, inoltre, a ridurre le disuguaglianze strutturali, come il divario di genere”.