
Roberto Baggio (Pressphoto)
Il campione fragile, il ragazzo che raccolse la sciarpa viola e se la mise al collo come un gioiello prezioso, quando già giocava con un’altra squadra, ora non ricordiamo quale. Il talento più puro passato da Firenze, quello che ha visto una città intera in rivolta per lui, per non farselo portare via, quando fu ceduto a un’altra squadra, ora non ricordiamo quale.
Roberto Baggio, anima forte e mite, ultimo genio anarchico del calcio, immenso numero 10, che nel calcio vuol dire numero uno. Talento infinito, straziato da infortuni devastanti, il ragazzo che a diciott’anni si è tenuto 220 punti di sutura nella gamba, e se li è portati addosso per tutta la carriera. Il ragazzo che ha trascinato l’Italia in finale ai Mondiali del ’94, e che ha sbagliato il suo calcio di rigore, a undici metri dalla leggenda.
Adesso, su Baggio si gira un film. E le riprese passano, oggi, da Firenze. Gli attori locali, per ruoli di contorno e figurazioni, sono stati convocati per girare, dalle 15 fino a mezzanotte, all’interno di un hotel. Però, ci siamo. Test sierologico per tutti, dai protagonisti alle comparse, a carico della produzione, Fabula pictures: solo chi risulta negativo vi prenderà parte.
Il film, prodotto da Netflix e Mediaset, si chiamerà "Il divino". Racconterà i gol, le lacrime, i silenzi, i dribbling agli avversari e alla vita. La regia è di Letizia Lamartire, barese, trentatré anni, diplomata in musica jazz al Conservatorio, in regia al Centro sperimentale, e laureatasi sul campo come regista della seconda stagione della serie "Baby".
L’abbiamo raggiunta al telefono, prima dell’inizio delle riprese. "Racconteremo il calciatore, ma soprattutto l’uomo che ha vinto infinite difficoltà. La sua è la storia di un ragazzo che tutti davano per spacciato, e si è ritrovato ad alzare fra le mani il Pallone d’oro". Roberto Baggio è stato ascoltato come consulente: "Ci ha aiutato a mettere a fuoco i momenti della sua vita: è un uomo semplice e umile, che mi è piaciuto moltissimo", dice la regista.
Ad interpretarlo, il giovane attore Alessandro Arcangeli. Aveva solo un anno quando Baggio giocò la finale dei Mondiali. "Quando l’ho incontrato, abbiamo parlato di buddismo: Roberto mi ha parlato della sua fede, mi ha dato consigli illuminanti". Andrea Arcangeli ha giocato a calcio, ala sinistra, con discreti risultati. "In Baggio vedo soprattutto un ragazzo dall’enorme forza di volontà: con un ginocchio distrutto a diciassette anni, chiunque altro avrebbe smesso. Lui no, ed è arrivato in cima al mondo".
Chissà se ci saranno, nel film, la rivolta dei tifosi viola, piazza Savonarola in subbuglio, la sciarpa raccolta al momento della sostituzione, i contrasti con gli allenatori; o se ci sarà quella frase scolpita per lui da Lucio Dalla, che ne era totalmente affascinato: "Baggio è una nevicata scesa da una porta aperta nel cielo". Non resta che vedere il film, appena uscirà su Netflix.