
EMPOLI
"I miei 80 anni li vorrei festeggiare tra i miei ulivi. Vorrei che le energie mi accompagnassero ancora per un po’ per continuare a potare le piante e a raccogliere le olive. Qualche bottiglia anche quest’anno dovrei riuscire a produrla". Oggi Franco Bitossi da Camaioni (Montelupo Fiorentino), l’amatissimo Cuore Matto del ciclismo, spegne 80 candeline. Lontano dalle luci dei riflettori, come era solito fare anche quando all’apice della carriera veniva invitato a feste e trasmissioni televisive, brinderà a casa con la cara moglie Anna. "Siamo abituati a cenare presto – spiega – non abbiamo tanta voglia di uscire. Ormai viaggio poco. Mi muovo solo per andare a trovare qualche vecchio amico. Magari un giorno andrò anche all’isola d’Elba, non ci sono mai stato. Là ha casa una cara persona, Maresco Barbini, colui che nel 1957 mi fece avere la prima tessera sportiva". Aveva appena 17 anni Franco Bitossi quando, operaio in una fabbrica di ceramiche a Samminiatello, inforcò la bicicletta. La stoffa del campione si manifestò subito, come preso si palesò il primo disturbo cardiaco: era l’agosto 1958 durante una gara di Allievi a Settignano, l’avvisaglia di un calvario che lo avrebbe accompagnato per dieci anni. Extrasistole. Era come se il sangue non andasse più in circolo. E se un motore va senza benzina, comincia a zoppicare. Allora lui si fermava, si sedeva a bordo strada e aspettava che il battito tornasse regolare. Mentre gli avversari gli sfilavano davanti.
Fu grazie al dottor Falai che a 28 anni il cuore smise di fare i capricci. In 18 anni di professionismo Bitossi è riuscito a vincere 171 gare, quarto assoluto nella graduatoria italiana dei plurivittoriosi di tutti i tempi. Vincitore di Classiche come il Giro di Lombardia, il campionato di Zurigo, dei Giri di Catalogna, di Svizzera, della Tirreno-Adriatico, di 21 tappe al Giro d’Italia e di 4 al Tour de France.
"A causa del cuore – ricorda - ho meditato per tre volte il ritiro dal ciclismo. Non potevo esprimermi al meglio e questa cosa mi faceva soffrire terribilmente. Per fortuna il problema è passato e dopo è iniziata la mia vera carriera". Se ripensa ai suoi trascorsi non ha rimpianti, né rimorsi. "Sognavo di diventare un corridore e ci sono riuscito. Dopo aver chiuso l’attività agonistica mi sono dedicato alla campagna. Per venti anni ho fatto il coltivatore diretto e mi sono dedicato all’altra mia grande passione: le bocce, togliendomi tante soddisfazioni". L’emergenza Covid lo ha costretto, come tutti, a chiudersi per alcuni mesi in casa o comunque a uscire per lo stretto indispensabile. "La situazione mi ha provocato molta ansia – confessa – ho perso quasi sei chili, mangiavo poco. Adesso però li sto riprendendo come ho ripreso le mie vecchie abitudini. Sono tornato al bocciodromo e di recente ho anche vinto una partita. Ogni tanto salgo in bici: una passeggiata di 23 km per tenermi in movimento. Fermo non so stare".
Irene Puccioni