
Empoli, 20 febbraio 2023 - Gli orfani del contratto di lavoro, vale a dire coloro che lo aspettano da tempo, talvolta anche anni, sono migliaia pure nell’Empolese Valdelsa. Per la precisione, stando ai conti della Cgil, che non sono precisi all’unità perché il mondo del lavoro cambia continuamente, si parla di 3.000 addetti del commercio, di 1.500 del turismo e di 3.000 dipendenti pubblici, a cui si aggiungono i poco invidiati primatisti del comparto, per così dire, coloro che da più tempo attendono il rinnovo del loro contratto: i dipendenti del settore della vigilanza privata, circa 200.
In totale, quindi, parliamo di 7.700 lavoratori che da tempo, talora molto, aspettano di veder migliorare le loro condizioni retributive, senza dimenticare quelle normative, che sono molto importanti per il complesso delle condizioni di lavoro. Il comparto del commercio, quello che da noi fa i grossi numeri con le aziende della grande distribuzione, ma cui si devono aggiungere i piccoli negozi e i punti vendita in generale, ha il contratto scaduto da quando ancora la parola "covid", o Sars Cov2 che dir si voglia, non erano entrata nel nostro vocabolario del dolore: le ‘regole’ dei dipendenti di negozi e assimilati sono, infatti, scadute nel 2019. Nel frattempo, c’è solo da segnalare, come puntualizzano alla sede territoriale della Cgil, il rinnovo del contratto integrativo (quello che dispone i trattamenti aggiuntivi per gli addetti dell’impresa interessata) dei dipendenti di Unicoop Firenze.
Nel 2021, invece, è scaduto il contratto del turismo e ristorazione, che dalle nostre parti vanta circa 1.500 lavoratori impiegati nei vari servizi. Sempre nel 2021, ma verso la fine dell’anno, è ‘spirato’ il contratto dei dipendenti pubblici, da quelli dei Comuni e dell’Asl fino ad arrivare agli addetti locali delle strutture nazionali, come l’Agenzia delle Entrate. In questo caso parliamo di altri 3.000 addetti. Per loro le prospettive non sono molto rosee, visto che nella legge di Bilancio per 2023 non ci sono fondi previsti per loro.
Nel quadro, infine, ci sono anche i circa 200 dipendenti del comparto della vigilanza privata che aspettano di vedere il rinnovo dell’insieme delle loro condizioni di lavoro dal lontano 2015, quando, per dire, a Palazzo Chigi la poltrona era ancora appannaggio di Matteo Renzi. Venendo alle motivazioni di questa situazione, nel commercio c’è da notare che la frammentarietà dei datori di lavoro, senza dimenticare le bordate subite a causa della pandemia mondiale Covid, prima, e poi dell’aumento esponenziale della spesa per l’energia, hanno reso il cammino decisamente in salita per il rinnovo.
Tutti temi che hanno un peso anche per le imprese degli altri settori ritardatari del contratto. "Come si capisce, se si parla di migliaia di persone a livello locale, arrivare a milioni guardando a tutta l’Italia, non è improbabile", fa notare il coordinatore di zona della Cgil, Gianluca Lacoppola , che poi osserva anche che "questo è un danno per i salari, il cui livello, tra l’altro, è uno dei principali problemi del Paese. Noi dobbiamo anche fare i conti con i contratti pirata (quelli firmati da sigle improbabili che rappresentano vere e proprie marce indietro sul fronte degli stipendi e dei diritti per quanti ne sono interessati, ndr). E poi non si deve dimenticare che un’inflazione così alta come quella con cui siamo alle prese fa sì che non si faccia in tempo a rinnovare un contratto che subito lo si dovrebbe rinegoziare. Credo che serva un meccanismo che permetta di recuperare gli aumenti del costo della vita. Se scala mobile non piace, chiamiamolo in un altro modo, ma che ci sia uno strumento".