Michele Brancale
Cultura e spettacoli

Libri. Dalle sirene di Catalano alle torre diabolica di Fineschi

Due preziose ricerche su Svevo-Joyce e Idolina Landolfi

Ettore Catalano

Ettore Catalano

Firenze, 10 novembre 2023 – Le sirene ammaliano. Il loro canto seduce e prepara alla morte. Ma c’è un modo – non quello di Ulisse – per essere sirene per scelta o perché qualcosa non risponde ordinariamente alla biologia, che ci determina molto più di quanto non pensiamo. Il vice questore di Brindisi Donato Tanzarella, nato dalla fantasia di Ettore Catalano, si trova davanti a una matrice delittuosa tutta da decifrare, mentre anche tutta la sua umanità cambia stagione, affetti e geografia, per effetto della “la violenza inevitabile del tempo” e si è costretti a nuotare con tutte le proprie forze “alla ricerca del senso delle cose che si sono vissute” (Vittorio Bodini). Il fascino della Sirena (ed. Progedit) è la quinta avventura di Tanzarella dopo Rosso adriatico (2018), Un mare di follia (2019), Un’infenzione latente (2020) e La verità di Jago (2021).

A un'altra latitudine, un po' più a nord di Tanzarella, anzi al Centro, La torre del diavolo di Fabio Fineschi (ed. Ladolfi) è un romanzo che presenta una trama originale grazie alla specularità dei protagonisti della vicenda, inconsapevoli delle reciproche, profonde, verità esistenziali. Siamo davanti a un giallo che sfiora l’horror, attraverso l'indagine di un commissario di provincia che, nel comune di San Gimignano, si ritrova protagonista suo malgrado di quello che è accaduto: una serie di delitti efferati, carichi di simbologia e di non immediata decifrazione, aggravati dalla compresenza di prove che sembrerebbero mettere in dubbio la scomparsa stessa degli assassinati. Fineschi sceglie come commissario un eroe perdente ma capace di riscatto ed allontana in modo abile il lettore dal raggiungimento di una soluzione, forse con qualche riflessione di troppo, che si rivela funzionale però allo scopo dell’autore. Fineschi di fatto alterna due indagini: quella sui fatti da scoprire a quella sul senso ultimo delle cose, sulle ideologie abbracciate e i reali comportamenti delle persone. Niente è prevedibile, anche in quella vita di provincia che non di rado viene idealizzata ma presenta invece profonde zone d’ombra, che Fineschi lascia emergere anche in ordine alla ricostruzione dell’Italia post bellica. E’ di fatto la Storia che emerge dalla terra anche come una “torre del diavolo”, così com’è chiamata una delle costruzioni delle borgo medievale di San Gimignano. Le indagini toccano anche il palato: il romanzo è stato patrocinato dal Comune di San Gimignano e dal Consorzio del vino Vernaccia della cittadina. Saliamo più su, a Trieste, in compagnia di alcune puntuali note di lettura. L'8 marzo 1927 Italo Svevo (1861-1928) dedicò a Joyce e al suo Ulisse una conferenza al circolo de 'Il Convegno', mostrandosi entusiasta dell'opera dello scrittore irlandese che abitò a lungo a Trieste dove arrivò nel 1904 e dove conobbe Ettore Schmitz (Svevo) che aveva pubblicato Una vita e Senilità nel silenzio della critica letteraria. Joyce oltre alle poesie di Musica da camera (1907), compose a Trieste i racconti Gente di Dublino e Ritratto dell'artista da giovane (1916). Ci fu tra loro simpatia e compresione di grandezza letteraria. Svevo in particolare intuì le capacità di Joyce, mentre Eugenio Montale si accorgeva di Svevo e cominciò a farlo conoscere. Tra l'Ulisse di Joyce (1922) e La coscienza di Zeno (1923) corre un anno. Joyce si farà parte diligente nel promuovere l'opera di Svevo presso i critici francesi, mentre Svevo osservava come “una sola linea di una pagina dell'"Ulisse" basterebbe a rivelare da quale penna fluì”. Con James Joyce di Italo Svevo, Passigli propone una serie di scritti di Schmitz, aperti da una robusta introduzione di Alessandro Gentili, sullo scrittore irlandese, comprensivi anche dell'epistolario tra i due autori. Ritorniamo al Centro. “Minor” nei diari, figlia amatissima, curatrice dell'opera del padre, in una parola, il suo nome, Idolina, in un certo senso piccola immagine, icona. Quando ero mio padre, con acqueforti di Antonio Petti, è un ritratto a più voci di Idolina Landolfi, scrittrice (Sotto altra stella; Scemo d’amore; I Litosauri; Attacchi d’amore; Matracci e storte; Non mi destare, amore), giornalista, saggista e traduttrice, figlia di uno dei più grandi scrittori del Novecento, Tommaso Landolfi. Ne è stata curatrice delle opere per Rizzoli e Adelphi. Un suo romanzo autobiografico porta come sottotitolo Storia di una possessione. Curato da Ernestina Pellegrini e Diego Salvadori, Quando ero mio padre. Su/Per Idolina Landolfi, per Florence Art, compone un ritratto con saggi e testimonianze che aiuta anche ad avvicinarsi alle sue carte, che sono depositate presso la Biblioteca Umanistica dell’Università di Siena.