GIULIO ARONICA
Cultura e spettacoli

"La Pietà": Il leone di Vezzoli torna a ruggire a Palazzo Vecchio

L'imponente scultura è stata collocata nel cortile nuovo ideato dal Vasari e realizzato da Bartolomeo Ammannati e Bernardo Buontalenti

Il leone di Vezzoli

Firenze, 25 luglio 2023 - Sotto il segno del leone. Non è quello iconico del Marzocco, simbolo dal 1115 della libertà comunale, né la coppia che come sentinelle proteggono l'accesso alla Loggia dei Lanzi; e neppure le sagome che decorano la porta di ingresso al Cortile di Michelozzo, la vetta della Torre d'Arnolfo ed il Cortile della Dogana all'interno della Signoria e nella sala dei Gigli.

"La Pietà" di Francesco Vezzoli - già presentata ad ottobre nell'ambito della mostra monografica a cura di Sergio Risaliti e Cristiana Perrella e che oggi entra a far parte della collezione permanente del Comune di Firenze - è una scultura imponente che rappresenta un monumentale leone rampante novecentesco installato su un basamento antico ed intento a stritolare tra le fauci una testa romana del secondo secolo d.C.

L'opera, collocata nel terzo cortile di Palazzo Vecchio realizzato da Bartolomeo Ammannati e Bernardo Buontalenti, è un ibrido tra epoche diverse, che sottolinea la dialettica tra l'arte contemporanea e il patrimonio artistico della città: "E' un percorso che portiamo avanti da anni, che intende costruire un dialogo tra il presente e il passato della civiltà - sottolinea l'assessore alla cultura Alessia Bettini - D'altra parte, sono numerosi gli animali araldici presenti nella nostra città, e la Pietà di Vezzoli contribuisce a definire un'identità ancora più marcata al 'cortile nuovo' ideato dal Vasari". 

Se la figura acefala del togato romano racconta il frammento di un'epoca perduta, seppellita dal passaggio del tempo e dalla furia degli uomini, l'immagine prosaica e fiera del leone, che si erge minaccioso nel centro del cortile, rivela le inquietudini presenti dell'artista verso l'attacco che la cultura artistica occidentale e classica sta subendo da movimenti ideologici e religiosi ai limiti del fanatismo: il suo collage linguistico, che unisce memoria ed invenzione, archeologia e fantasia, il Ganimede di Benvenuto Cellini e la metafisica di De Chirico, vuole ricomporre i pezzi di una civiltà disgregata e in disgrazia, ricostruendo la storia e i contesti originali delle immagini e restituendo il loro potere misterioso, poetico e trascendentale.