REDAZIONE CRONACA

Suicidio assistito, la sentenza della Consulta riaccende il dibattito

In esame il caso di una donna toscana completamente paralizzata. Dichiarato inammissibile l'intervento attivo di un'altra persona nella somministrazione del farmaco. Associazione Coscioni: “Solo motivi procedurali, non ha preso una decisione sull'eutanasia per mano di un medico". Pro Vita & Famiglia: “Sospiro di sollievo di fronte alla decisione della Corte Costituzionale di non aprire all'eutanasia attiva”

La Corte costituzionale

La Corte costituzionale

Firenze, 25 luglio 2025 – La Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibile l'intervento attivo di un'altra persona nella somministrazione del farmaco in caso di suicidio assistito. Il ricorso riguarda una donna toscana paralizzata dal collo in giù che, pur avendo i requisiti per accedere al suicidio assistito, non può auto somministrarsi il farmaco.

Una decisione che riaccende il mai sopito dibattito sul fine vita e vede nuovamente contrapporsi i due schieramenti in Parlamento e nella società civile.

Con la sentenza depositata oggi la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 579 del codice penale sollevate dal Tribunale di Firenze riguardo il reato di omicidio del consenziente. Le questioni sono state dichiarate inammissibili perché - per la Corte - «il giudice a quo non ha motivato in maniera né adeguata, né conclusiva, in merito alla reperibilità di un dispositivo di autosomministrazione farmacologica azionabile dal paziente che abbia perso l'uso degli arti», ossia una pompa infusionale attivabile con comando vocale o tramite la bocca o gli occhi. La Consulta ha rilevato che «l'ordinanza di rimessione si è espressa sul punto con esclusivo richiamo all'interlocuzione intercorsa con l'azienda sanitaria locale» essendosi il giudice a quo fermato a una «presa d'atto delle semplici ricerche di mercato di una struttura operativa del Servizio sanitario regionale», mentre avrebbe dovuto coinvolgere «organismi specializzati operanti, col necessario grado di autorevolezza, a livello centrale, come, quanto meno, l'Istituto superiore di sanità, organo tecnico-scientifico del Servizio sanitario nazionale». La sentenza precisa che dove questi «dispositivi potessero essere reperiti in tempi ragionevolmente correlati allo stato di sofferenza della paziente» la donna «avrebbe diritto ad avvalersene».

La Corte costituzionale "non ha preso una decisione sull'eutanasia per mano di un medico". Con la sentenza pubblicata oggi "ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 579 del codice penale per difetto di motivazione circa la reperibilità dei dispositivi di autosomministrazione". E' quanto evidenzia l'Associazione Luca Coscioni dopo il pronunciamento della Consulta. I giudici hanno deciso "di non affrontare nel merito la questione di costituzionalità sollevata con il caso di 'Libera', 55enne toscana, affetta da sclerosi multipla progressiva, completamente paralizzata e impossibilitata ad autosomministrarsi il farmaco". E che quindi, per accedere al suicidio assistito ha bisogno di un medico che gli somministri il farmaco letale. "Secondo la Corte costituzionale era necessario che il tribunale di Firenze, prima di sollevare la questione di legittimità, oltre a chiamare in causa l'azienda sanitaria competente, coinvolgesse organismi specializzati operanti a livello centrale, come l'Istituto superiore di sanità, per verificare la reperibilità di strumenti che 'Libera' fosse in grado di attivare". La donna, assistita dal collegio legale coordinato dall'avvocata Filomena Gallo, segretaria nazionale dell'associazione Coscioni, "di fatto non può scegliere del suo fine vita: non può autosomministrarsi il farmaco letale a causa delle sue condizioni fisiche, ma neanche ottenere la somministrazione del farmaco letale da parte del medico". La Consulta "ha dichiarato inammissibile la questione per motivi strettamente procedurali. Secondo i giudici, infatti, il tribunale di Firenze avrebbe dovuto fare una ricerca a livello nazionale, e non solo regionale, di un presidio che 'Libera' possa utilizzare per autosomministrarsi il farmaco", sottolinea Gallo.

Di tutt’altro avviso il commento dell’associazione “Pro Vita & Famiglia: “Decine di migliaia di malati e disabili e di loro familiari tirano oggi un sospiro di sollievo di fronte alla decisione della Corte Costituzionale di non aprire all'eutanasia attiva dichiarando inammissibile il ricorso con cui l'Associazione Coscioni chiedeva di riconoscere il diritto di una paziente di essere uccisa da terze persone non potendo suicidarsi in prima persona. Una scelta diversa avrebbe assestato il definitivo colpo di grazia al sistema di protezione legale dei più fragili, già gravemente leso dalla vergognosa depenalizzazione del suicidio assistito". Così Antonio Brandi, presidente di Pro Vita & Famiglia onlus, commenta i dettagli della sentenza di rigetto della Corte Costituzionale sul ricorso presentato dal Tribunale di Firenze. "D'altro canto, va rilevato anche come l'inciso contenuto nella sentenza su un presunto 'diritto' del malato di essere aiutato a morire con l'intervento diretto del Servizio Sanitario Nazionale dalla fase di verifica dei requisiti fino a quella dell'esecuzione pratica della procedura, passaggio peraltro privo di efficacia e vincolatività giuridica, trattandosi di una sentenza di inammissibilità, manda in crisi l'impianto del disegno di legge predisposto dalla maggioranza di centrodestra, fondato sull'illusione di poter arginare con una legge nazionale lo strabordante attivismo politico di giudici e magistrati - prosegue -. Fratelli d'Italia, Forza Italia e Lega devono definitivamente restare fedeli al mandato elettorale ed abbandonare la posizione remissiva sul tema del fine vita e smetterla di farsi dettare l'agenda dalla propaganda radicale, passando al contrattacco culturale con una rivoluzione politica del sistema socio-sanitario che riconosca la dignità e il valore inviolabile di ogni vita anche nella sofferenza, investendo con decisione in cure palliative diffuse e accessibili, assistenza domiciliare costante, hospice dignitosi con personale formato e aggiornato sulle migliori pratiche cliniche e terapeutiche". "Pro Vita & Famiglia rivolge un appello urgente a tutto l'associazionismo impegnato nella cura e nella difesa della vita dei più fragili, specialmente se di ispirazione cristiana e cattolica, a unire le forze in un grande movimento di opinione e di azione che racconti agli italiani l'altra storia, cioè la vera storia - conclude Pro Vita e Famiglia - quella di decine di migliaia di sofferenti e dei loro familiari che chiedono di essere aiutati a vivere e si trovano di fronte all'incubo di un dibattito politico che, invece, discute di se e come aiutarli ad uccidersi o essere uccisi".

Da parte sua, Gallo (associazione Coscioni) ribatte: "La Corte non ha dichiarato infondata la questione di un presidio che 'Libera' possa utilizzare per autosomministrarsi il farmaco. Anzi, ha dichiarato prive di fondamento tutte le eccezioni sollevate dall'Avvocatura di Stato e dagli intervenuti". I giudici, inoltre, "hanno confermato che l'azione utilizzata era l'unico strumento per sollevare il dubbio di legittimità costituzionale dell'articolo 579 del codice penale", ovvero "l'unica norma che si frappone tra 'Libera' e il suo diritto ad autodeterminarsi". Adesso, annuncia, "torneremo davanti al tribunale di Firenze chiedendo con urgenza la verifica a livello nazionale che la Corte ha sollecitato tramite organismi tecnici del ministero della Salute, anche citato in giudizio nel ricorso introduttivo dinanzi al tribunale di Firenze ma che non ha fornito alcuna informazione utile, con la speranza che questa indagine si concluda positivamente e in tempi brevi". Anche perché la malattia di 'Libera', infatti, "avanza, le sue condizioni peggiorano" e la donna così "rischia di non veder rispettate la sua scelta già autorizzata dal sistema sanitario nazionale". Dalla decisione della Consulta "emerge chiaramente che il ruolo del servizio sanitario nazionale è posto a garanzia delle persone malate che chiedono di procedere con il fine vita. Tutto ciò fa emergere che il disegno di legge all'esame della commissione al Senato, che esclude dalla procedura di verifica qualsiasi ruolo in capo al servizio sanitario nazionale, non può essere neppure discusso", sottolinea Marco Cappato, tesoriere dell'associazione Luca Coscioni. "Chiediamo pertanto ai parlamentari di respingere la proposta di legge presentata dal governo e di approvare la legge di iniziativa popolare 'Eutanasia legale'".