
Emanuele Scieri, trovato morto nella caserma Gamerra a Pisa il 16 agosto 1999
Pisa, 12 giugno 2022 - Incalzato da tutti, invitato dalla presidente della Corte d’assise Beatrice Dani a dire "la verità" e a non "aver paura". Stefano Viberti, allora 22enne, è l’ultimo ad aver visto in vita Emanuele Scieri, l’allievo parà trovato morto il 16 agosto del 1999 nella caserma pisana. Ucciso per soprusi e nonnismo, secondo la Procura pisana, che è ripartita dagli esiti della Commissione parlamentare d’inchiesta, da tre ex caporali: due, Alessandro Panella e Luigi Zabara, sono ora a processo, il terzo Andrea Antico assolto in primo grado (è già stato presentato appello). Una testimonianza complicata fatta di silenzi, "non ricordo". "La mia vita è stata difficile dopo quel fatto", la chiusura della sua deposizione.
Prima di lui, è un luogotenente dei carabinieri a ripercorrere le indagini del nucleo operativo di allora e ricordare anche quando due uomini dell’Arma si infiltrarono, sotto copertura, alla "Gamerra". "Ma furono scoperti. Uno subito, l’altro dopo. Quest’ultimo era entrato in confidenza con Viberti che gli raccontò quanto ha sempre ripetuto". Cioè che quel giorno, dopo un giro in città, al Duomo, lui e Lele fecero una sosta al bar in via Di Gello, nella stessa strada dove si trova la caserma. E quello che viene da sempre rinominato "super testimone" conferma che sentì Scieri dire a un altro ‘anziano’ e laureato: "Ma chi me lo ha fatto fare di presentare domanda nei parà?".
"Fu una frase che le suggerì di dire qualcuno?", va al sodo l’avvocato di Zabara, Andrea Di Giuliomaria. Il test nega. La ricostruzione riparte. Dopo il rientro in caserma, intorno alle 22.15, e la sigaretta fumata insieme alle 22.30 lungo il viale, all’altezza del casermaggio (dove poi fu rinvenuto il corpo tre giorni dopo), le loro strade si divisero. Viberti tornò "in Compagnia", Scieri "mi disse che avrebbe fatto una telefonata", mai partita, si è scoperto poi. Al contrappello delle 23.45, Lele, soprannominato "l’avvocato" fu segnato assente. "Qualcuno disse ai superiori che non c’era ancor prima che arrivassero alla sua branda". "Ma che idea vi eravate fatti della sua scomparsa?", insiste la presidente Dani. "Pensavamo che fosse riuscito dalla caserma, se ne fosse andato". "E dopo, quando vi arrivò la notizia che era morto?". " Fu uno choc grande, andammo tutti nel pallone".
La giudice domanda anche se si fosse fatto qualche idea sulle cause del decesso. "Quando i carabinieri mi mostrarono le foto, allora pensai che lo avessero picchiato". " Sì – risponde al pubblico ministero Sisto Restuccia, con lui segue il caso il procuratore Alessandro Crini – sarebbe stato utile dire subito dove l’avevo lasciato il 13 sera, ma lì per lì non lo ritenni importante. E questo mi ha poi causato sensi di colpa". "E sapeva che il 17 agosto ’99, il giorno dopo del rinvenimento di Scieri cadavere, con decreto ministeriale, risultava trasferito al reggimento alpini in Puglia? Qualcuno glielo avevano comunicato?". "No – risponde Viberti provato – io rimasi a Pisa fino a febbraio. Solo allora fui trasferito". Sono ancora decine i testimoni da sentire in questo processo per arrivare a una verità che si cerca da 23 anni.