Sanità, le criticità del sistema toscano: il 40% di richieste senza risposta. E il rifiuto dei medici agli ospedali

Dall’osservatorio del Sant’Anna emerge che in molte realtà l’eccellenza non viene percepita. Gramolati: "Giunta costretta all’aumento dell’Irpef per evitare il piano di rientro e situazioni peggiori"

Firenze, 27 febbraio 2024 – Stato di salute, sostenibilità e fisco del sistema sanitario al centro del convegno “Più sani, più equi” organizzato a Firenze da Spi-Cgil Toscana. Caustico l’intervento del segretario generale Alessio Gramolati sull’operato del governo che con la manovra ha ridotto le risorse per la sanità pubblica dal 6,7 al 6,1% del Pil, mancando di restituire la quota di Payback sui dispositivi alle Regioni che avevano investito e penalizzando maggiormente quelle a maggior vocazione pubblica come la Toscana. "La giunta regionale è stata costretta ad aumentare l’aliquota Irpef per evitare di far scattare il piano di rientro che avrebbe significato alzare l’addizionale anche per i redditi sotto i 28mila euro, cancellare i servizi sanitari extra Lea (Livelli essenziali di assistenza) e bloccare il turnover di medici e infermieri – incalza il segretario generale Spi-Cgil – Ma il sacrificio di lavoratori dipendenti e pensionati venga ripagato attraverso migliori servizi e costi equi".

Sarà così?

"C’è il rischio che il sistema sanitario come l’abbiamo conosciuto finora non lo vedremo più. Con il calo demografico, l’invecchiamento della popolazione, l’aumento della povertà e la precarietà del mondo del lavoro ci sarebbe ancor più bisogno di un servizio nazionale sanitario pubblico e gratuito come concepito dalla nostra Costituzione – invoca un intervento pubblico Rossano Rossi, segretario generale Cgil Toscana – Invece c’è un disegno che va avanti da tempo, portato avanti da tutti i governi ma da questo con particolare durezza, di tagli sistematici, 40 miliardi negli ultimi anni che corrispondono all’aumento di fatturato del sistema sanitario privato. E questa deriva ricade sulle Regioni, soprattutto quelle come la Toscana ancora a grande preminenza pubblica".

Come sta il sistema sanitario toscano?

Purtroppo, nonostante la Toscana figuri sempre fra le regioni più performanti, i problemi non mancano. In base agli indicatori dei livelli essenziali di assistenza, nel 2022 la regione ha ottenuto il terzo miglior risultato su tutte le aree. A fornire il quadro dello stato di salute del sistema toscano è Milena Vainieri della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa. "Emergono anche punti di debolezza: ad esempio c’è da lavorare ancora sui tempi di attesa". Rilevata una fragilità geografica: ci sono realtà dove l’eccellenza non viene percepita. Per fare un esempi,o se si prende in esame la percentuale di fratture al collo del femore operate entro le 48 ore, si passa da realtà in cui la percentuale si attesta al 25% ad altre in cui è al 92%.

In alcune realtà la probabilità di rivolgersi al pronto soccorso può arrivare a circa il 60% in più fra i territori. Indice che in alcune realtà la rete delle cure primarie non è riuscita a fare da filtro. C’è un 40% dei cittadini che resta con la prescrizione in mano, con una barriera da superare per raggiungere i servizi.

Dall’analisi di Vainieiri è emerso come, dopo il Covid, sia aumentata la percentuale di medici che ritiene di non poter svolgere il proprio lavoro con ritmi sostenibili. Tanto che il presidente dell’Ordine dei medici di Firenze Pietro Dattolo mostra i numeri di pediatri e ginecologi che hanno rinunciato all’assunzione all’ospedale San Jacopo di Pistoia (10) e di più al San Giuseppe di Empoli (16); lo stesso vale per i pediatri: polo d’attrazione è il Meyer ma 31 hanno rifiutato Empoli e 15 il Santo Stefano di Prato. "Ritmi di lavoro massacranti e nessun incentivo reale per andare a lavorare in altre sedi, in particolare quelle più remote", dice Dattolo. In tanti scelgono la libera professione.

Uno studio congiunto di Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e Università di Milano-Bicocca, pubblicato sul Journal of the European Economic Association e presentato dal professor Andrea Roventini, direttore Istituto di Economia della Scuola superiore Sant’Anna, mostra che la disuguaglianza in Italia è cresciuta più velocemente rispetto ad altri Paesi europei come la Francia. L’Italia soffre di una forte disuguaglianza di genere, generazionale e territoriale. Dallo studio emerge che il sistema fiscale italiano non corregge la disuguaglianza poiché diventa regressivo per il 5% degli italiani più abbienti, che pagano un’aliquota fiscale effettiva inferiore al restante 95% dei contribuenti. Per rendere il sistema fiscale progressivo, in linea con i dettami costituzionali, sarebbe necessario introdurre un’imposta patrimoniale che colpisca solo il 5% più ricco della popolazione.