LUCA
Cronaca

Quando D’Annunzio faceva tendenza. I cappelli di Signa e quelli di Londra

Conformismo e trasgressione: il Vate e i suoi rapporti continui con le sartorie fiorentine e con i fabbricanti di accessori

Conformismo e trasgressione: il Vate e i suoi rapporti continui con le sartorie fiorentine e con i fabbricanti di accessori

Conformismo e trasgressione: il Vate e i suoi rapporti continui con le sartorie fiorentine e con i fabbricanti di accessori

Luca Scarlini

Sere d’autunno tra il Monte Ceceri e il Poggio a’ Pini, tra Mugnone e Zambra, quando sopra Borgunto a un tratto s’allargava una nuvola turchina, bassa come un tetto di lavagne, e per tutto era un silenzio molliccio come quel d’una cisterna coperta, e ogni piega della terra era già come un labbro proteso alla prima gorgata, l’odore piovano giungendomi al cuore innanzi che all’orecchia lo stroscio! Giungeva di lontano, e non proprio come un odore terrestro ma come una ricchezza indistinta, ma come un umido spirito che seco rapisse tutte le grazie fiesolane sparse tra Sant’Ansano e Belcanto, tra gli angeli di Luca e le modanature di Michelozzo, avendo toccato la rosa e lo smalto, il marmo e la dàlia. E mi gli volgevo come un poeta in sogno, di su la groppa, inspirato dal fiato di Fiesole medìcea. I lauri del Belritorno aulivano come se la pioggia li avesse dirotti coi suoi mille e mille coreggiati d’argento. Balzavamo di sella, su lo spiazzo, fradici d’acquazzone e di sudore fino all’osso, palpando il collo della bestia generosa col guanto inzuppato. I garzoni accorrevano. Dai canili i cani rinchiusi abbaiavano rizzandosi contro i cancelli, ficcando tra le sbarre i musi lunghi e gli occhi ardenti. Chiamavo per nome i tornati, che mi saltavano addosso con le zampe lorde di fango, ansandomi in viso".

Gabriele D’Annunzio ha cantato i suoi anni come signore rinascimentale alla Capponcina, nella mirabile prefazione a La Vita di Cola di Rienzo, uscito nel 1912 da Treves. Nel frattempo la sua esperienza come moderno principe del Rinascimento, contornato di oggetti bellissimi e da cani e cavalli di pregio, si era conclusa tragicomicamente nei debiti l’anno prima. Il Vate era partito di gran carriera per la Francia, dove sarebbe rimasto sdegnosamente in esilio, fino allo scoppio del conflitto, mentre l’amico Ugo Ojetti seguiva le complicatissime vicende dei creditori. Il catalogo dell’asta, che fu celebre, dal 20 maggio al 13 giugno 1911, presentava oggetti d’arte d’ogni tipo, inclusi molti tessuti. Le belle stoffe erano infatti una passione dello scrittore, che era in contatto, da quando era giunto a Firenze, al volgere del secolo Ottocento, con le maggiori ditte fiorentine.

La Manifattura Arte della Seta De Lisio, che aveva sede in via dei Fossi, realizzò magnifici drappi utilizzati per decorare i soffitti del Vittoriale. Il ricchissimo guardaroba dello scrittore, non posto in vendita, testimonia una serie di relazioni continue con le sartorie fiorentine e con i fabbricanti di accessori. Una mostra del 1988 a Firenze, legata alle imprese di Pitti Uomo, parlava di scelte di abiti, "tra conformismo e trasgressione", in cui quest’ultima attitudine era ben raccontata dalle celebri pantofole da casa marroni ornate da un fallo.

Il ricchissimo repertorio, che proveniva in parte da Vittoriale, in cui largo spazio avevano abiti da cavallo e da caccia, prevedeva stivali, di taglio militaresco, della ditta Montelatici & Volpi, di cui D’Annunzio fu cliente abituale per decenni, autori anche di elegantissimi stivaletti e scarpe in vitello scamosciato bianco e grigio. In alcune occasioni il poeta indossava cappelli di paglia di Signa, ma preferiva senz’altro cappelli costosissimi da Londra.

Di manifattura toscana erano anche i frustini per cavalli e i collari per i suoi celebri levrieri in vitello rosso e blu con borchie e piastre d’argento su cui erano incisi i nomi dei cani. Per le camicie bianchissime, con monogrammi in rosso, si rivolgeva alla ditta Dalmasse, le giacche da giorno sfoderate venivano richieste alla sartoria Cellerini (i laboratori di queste imprese avevano sede in centro). Non mancava nemmeno un gilet di lana d’angora di Luisa Spagnoli, imprenditrice di genio, che aveva aperto una boutique a Firenze a fine anni ’20.