LUCA SCARLINI
Cronaca

L’intramontabile “paglietta“. Le origini del mito ottocentesco

Il cappello intrecciato nato a Firenze icona fashion di commedie teatrali, poesie e film di Hollywood

Il cappello intrecciato nato a Firenze icona fashion di commedie teatrali, poesie e film di Hollywood

Il cappello intrecciato nato a Firenze icona fashion di commedie teatrali, poesie e film di Hollywood

Luca

Scarlini

La paglia è duttile: la moda è il suo profeta. Firenze e dintorni hanno firmato strepitose creazioni di paglia, talmente celebri da dare il titolo a una famosa e esilarante commedia di Eugène Labiche e Marc-Michel, duo celeberrimo del vaudeville più scatenato, Il cappello di paglia di Firenze (1851), incrocio di maliziosi equivoci intorno a un oggetto continuamente perduto e ritrovato, che piacque molto al ‘900 e venne portato al cinema da René Clair, a teatro da Orson Welles, e all’opera da Nino Rota, segnando un successo duraturo. La vicenda è allo stesso tempo popolare e aristocratica: le donne della piana intrecciavano la paglia e i creatori determinavano forme che erano gradite dalle dame di tutto il mondo. La letteratura didattica toscana gradì specialmente la storia e la vicenda di un materiale comune che, per tramite del talento di straordinari artigiani, diventa oggetto di bellezza.Nel 1801 il proposto Marco Lastri pubblicò Il cappello di paglia, un poema in versi sciolti, dedicato a Maria Luisa, infanta di Spagna, duchessa di Toscana.

Così inizia questa pagina celebrativa: "Ma come delle spighe il gramo stelo/ possa intrecciarsi da maestra mano/ ed ordin sottil tela all’aurea chioma/ non pur di pastorella o di pastore/ ma di dama gentile e cavaliero/

schermo ai raggi del sol, schermo alla pioggia/ Tu, Signa industre, onor del tosco regno/ tu la prima il mostrasti/ io dei miei carmi ora drizzando a’ tuoi bei colli il volo/ del nobile artificio addito i pregi". Particolarmente intensa è proprio la presenza a Signa, dove nel 2023 si è inaugurato il nuovissimo Museo Civico della Paglia e Intreccio dedicato a questa storia, dove si può vedere tutto il processo di lavorazione, oggetti di epoche diverse e numerose pubblicità dedicate a questi oggetti. La collezione è intitolata a Domenico Michelacci, chiamato Bolognino, che nel ‘700 iniziò una attività fortunata, prima in Toscana e poi nel mondo, giungendo negli Stati Uniti, dove i cappelli fecero furore. Nel 2023 “Harper’s Bazaar” indicava questo accessorio, come l’oggetto dell’estate, segnando uno dei continui corsi e ricorsi del Fashion. Gli oggetti popolari venivano trasformati in capi di moda da persone dello spettacolo: uno dei casi più famosi è l’adozione da parte di Maurice Chevalier di un copricapo tradizionale elvetico.

A Firenze la “paglietta” è stata oggetto fortemente connesso all’immagine di Odoardo Spadaro, maestro del canto e attore notevolissimo (basti ricordare il suo profilo, magnifico, come capo della compagnia ne La carrozza d’oro di Jean Renoir, 1952), che rimane nella memoria della città per la celeberrima La porti un bacione a Firenze, vicenda di emigrazione.

Una mostra all’Istituto Italiano di Cultura a Los Angeles del 2013, affermava la relazione continua della paglia fiorentina con il mondo del cinema, con lo star system. Anita Ekberg al tempo della Dolce vita, Julia Roberts in Pretty woman (nella foto), Cher in Un tè con Mussolini e molte altre celebrità, ribadiscono le molte possibilità dell’oggetto. L’immagine non è stata meno rilevante nelle vicende del turismo fiorentino: l’immagine è ricorrente nelle immagini dell’archivio Locchi e torna ad esempio una fotografia di Piergiorgio Branzi del 1959, pubblicata su “Il Mondo”, mostra una turista con gran cappellone davanti al monumento di Ugo Foscolo in Santa Croce.

Nella complessa vicenda della paglia, è curioso il caso di Delfino Cinelli, a cui è dedicato il libro di Sara Renda edito da Florence Art Edizioni (2018). Egli, nato a Signa, fu allo stesso tempo industriale della paglia e scrittore: il suo romanzo La trappola (1928) fu un grande successo al momento della sua prima edizione. Nel 1942 Mario Soldati ne trasse un film, Tragica notte, protagonista la star del regime Doris Duranti.