MARIANNA GRAZI
Cronaca

Sport e maternità, “serve il professionismo per essere tutelate”

L'ex pallavolista di Carpi Lara Lugli nel 2021 fu al centro di una querelle con il uso club dopo essere rimasta incinta. Il legame con il caso denunciato da Asia Cogliandro

Sport e maternità, “serve il professionismo per essere tutelate”

Firenze, 30 luglio 2025 –  Allontanata perché incinta. Lo ha denunciato Asia Cogliandro, pallavolista di Perugia, che con le sue parole ha riportato a galla un problema spesso al centro delle cronache: la maternità intesa come un ostacolo, soprattutto nel caso di sportive non professioniste. Ma secondo il club umbro la ricostruzione fornita dall'atleta sarebbe “capziosa e priva di fondamento”, perché non ci sarebbe stato alcun licenziamento. Anzi. “È stata tutelata”, dice il club, Black Angels Perugia, che augura il meglio alla sua ex atleta e soprattutto auspica che la vicenda serva “ad accendere i riflettori sulla necessità di introdurre una disciplina che regoli con maggiore chiarezza il percorso della maternità, a tutela sì delle società ma soprattutto delle stesse atlete”.

Lara Lugli, ex pallavolista
Lara Lugli, ex pallavolista

A molti, ascoltando le parole di Cogliandro, è venuta in mente la storia di Lara Lugli, che nel 2018 raccontò una vicenda simile finita poi a carte bollate. “Nel suo caso rivedo molte somiglianze con il mio. Mi dispiace che non sia stata io l’ultima”, dice amareggiata la 45enne di Carpi.

Al di là di chi abbia ragione e chi torto nella questione specifica, si ripropone un tema mai risolto e spesso ignorato da chi ha il potere di cambiare le cose: la maternità e le donne sportive non professioniste, senza alcuna tutela.

"Tra l’altro siamo in un momento importantissimo per la pallavolo italiana, con un’Olimpiade vinta l’anno scorso e la vittoria di questi giorni in Nations League. Tutti questi ori sotto sotto hanno la ruggine – aggiunge Lara Lugli – Un movimento così importante alla base non ha nulla di buono. Non basta mettersi la medaglia al collo insieme alle ragazze". Serve, secondo lei, che la Federazione e la Lega Volley si prendano la responsabilità di impegnarsi concretamente affinché le atlete non siano più costrette a scegliere tra carriera e famiglia.

Lugli, come andò nel suo caso?

"La mia vicenda è molto simile a quella di Asia, forse solo più grottesca. Giocavo a Pordenone nel 2019, in Serie B. Sono rimasta incinta a marzo e l’ho comunicato subito alla società. Il rapporto con loro, una scrittura privata, si è subito interrotto. Sono tornata a casa a Carpi, ma mi mancava la mensilità precedente allo stop dove io avevo giocato tutte le partite. Loro non volevano darmela, quindi ho fatto un’ingiunzione di pagamento e dopo due anni mi è arrivata invece la citazione da parte loro, una causa per danni. Dicevano che dopo il mio ritiro gli sponsor non avevano più pagato e la squadra, avendo perso punti in classifica, aveva mancato i playoff. Ho pubblicato tutto sui social e da lì è scoppiato il caso. Dopodiché a pochi giorni dall’udienza in tribunale hanno ritirato tutto e hanno pagato".

Le era stata contestata anche la mancata comunicazione di volere una gravidanza?

"Nella causa che mi avevano mandato, scritta da un’avvocata per di più, c’era scritto anche questo, che all’inizio non avevo detto di voler rimanere incinta, che avevo comunque 39 anni, che il mio contratto era troppo oneroso. Mettendolo nero su bianco si sono tirati la zappa sui piedi due volte, perché nel mondo del lavoro capita durante i colloqui, ed è bruttissimo, ma chi è che va a scrivere ‘non aveva comunicato l'intenzione di restare incinta’?".

Cosa c’è di simile nella vicenda della giocatrice di Perugia?

"La similitudine più grande è quella che fa più male. È il fatto che anche lei dice: fino al giorno prima eravamo come una famiglia, mi sono sempre sentita a casa e poi da un momento all'altro invece sono diventata quella che crea un danno, la traditrice. Ecco questo è successo anche a me e forse è la parte peggiore di tutta la storia".

E invece di diverso?

"Quando è successo a me nel 2021 era prima della riforma sportiva, quindi non avevo un contratto con la società ma una scrittura privata tra le parti. Dopo c'è stata la riforma del lavoro sportivo, che di fatto ha riconosciuto i lavoratori sportivi inserendoli nel codice, però non ha dato le tutele che servono a un lavoratore. Perché non c'è ancora il professionismo. E soprattutto in questi casi di maternità le donne non sono tutelate".

Questa riforma non basta?

"Assolutamente no, è ancora molto perfezionabile. Se non si arriva al professionismo, c'è di strada ce n'è ancora da fare e adesso. Non siamo minimamente a livello dello sport negli altri Paesi europei, siamo gli ultimi della fila".

Alcune atlete note si sono spese per questa battaglia: penso a Elisa Di Francisca, Arianna Errigo…

"Ma facendo parte di gruppi militari hanno una tutela da lavoratrici, ben diversa. Hanno la maternità, uno stipendio, i contributi. È una grossa divisione, far parte di gruppi militari nel mondo sportivo significa essere privilegiate. Poi è importante che si siano spese, hanno parlato in favore della causa della maternità".

Da parte delle sue compagne come era stato l’atteggiamento durante la vicenda giudiziaria?

"Non si può fare di tutta un'erba un fascio. Le persone sono tutte diverse e ognuna reagisce in modo diverso. Come Asia è rimasta un po' male per la reazione delle compagne è successo anche a me. È una cosa brutta, una cosa triste, perché io posso capire che per tante a cui è successa una storia simile non sia facile denunciarla per tutta una serie di conseguenze anche emotive; però non capisco e non accetto quelle che non sostengono chi denuncia. Perché spesso lo fanno per paura. Ma di cosa? Un limite grosso nella risoluzione di questa situazione è di noi atlete che non prendiamo una posizione univoca. Questo darebbe la svolta, ma è difficile".

Ci sono associazioni a cui ci si può rivolgere per avere supporto?

"Sì e ci collaboro spesso e volentieri. Assist, l’associazione nazionale atlete, la cui presidente è Luisa Rizzitelli, che è una realtà importante, formata da persone preparate e sempre in prima linea su questi tipi di situazioni, a sostegno delle atlete in difficoltà. Loro sicuramente hanno le capacità e la forza di smuovere le cose, hanno i contatti giusti con il mondo dello sport e con la politica. Poi c’è anche Aip, l'associazione pallavolisti, anche loro sono sempre interessati a questi problemi".  

Cosa vuole dire a Cogliandro?

"Le ho già scritto un messaggio. Ha la mia solidarietà, la mia stima e soprattutto capisco quello che le è successo. Che mi dispiace, mi dispiace di non essere stata l’ultima".  

Secondo lei tornerà a giocare dopo la maternità?

"Non lo so, ma lei è giovane. Dopo il periodo di stop si può rimettere in forma se ha voglia di ritornare a giocare. Sicuramente troverà una squadra e ci sarà lo spazio per lei dove vuole".