
Olimpia Mibelli Ferrini: la lavandaia che si offrì ai soldati per salvare altre donne dagli stupri
Portoferraio, 30 luglio 2025 – Olimpia Mibelli Ferrini avrà una via e una medaglia che la ricordano. Una strada e un riconoscimento che restituiscono alla memoria il coraggio di una donna grazie al quale molte ragazze si salvarono da sevizie.
La popolana portoferraiese, ottantuno anni fa, fu autrice di un atto eroico: salvò dalle violenze giovani ragazzine offrendosi ai soldati al posto loro. Ora appunto, il Comune di Portoferraio, dedicherà a Olimpia una via del centro storico e una medaglia. La notizia, che era già stata anticipata dal sindaco Tiziano Nocentini, è stata ufficializzata nel corso del consiglio comunale del 29 luglio durante la discussione di una mozione presentata dal gruppo consiliare Bene Comune.
Con la mozione, che è stata approvata all’unanimità dal Consiglio Comunale, si proponeva di assegnare alla memoria di Olimpia l’onorificenza della Medaglia d’Oro “Città di Portoferraio”, istituita il 12 settembre 1959 dal sindaco Primo Lucchesi, ai cittadini, italiani o stranieri che si sia reso benemerito verso la città di Livorno. Dopo la convalida dell’iniziativa da parte della Commissione Toponomastica, sarà individuato il tratto di strada del centro storico di Portoferraio da intitolare alla memoria di Olimpia Mibelli Ferrini.
A ottantuno anni di distanza rimane sempre una dolorosa ferita aperta. A differenza di ciò che avvenne sulla costa livornese, da Suvereto a Cecina, Rosignano e Livorno, dove gli Alleati cacciarono i nazifascisti e la Liberazione fu veramente una festa di gioia incontenibile nonostante le ristrettezze della guerra, all’Elba la fine del conflitto fu un incubo. Lo sbarco sull’isola venne affidato a una divisione di fanteria coloniale francese composta in maggioranza da soldati senegalesi e marocchini (e molti di loro morirono nello sbarco che inizialmente fallì), ai quali venne permesso di saccheggiare l’Elba e abbandonarsi a violenze e stupri nei confronti della popolazione. Una situazione che avvenne anche in altre zone d’Italia e che è stata descritta magistralmente da Vittorio de Sica nel film ’La ciociara’, ispirato al romanzo omonimo di Alberto Moravia. La pellicola racconta della fuga dai bombardamenti di Sofia Loren (che vinse l’Oscar come migliore attrice protagonista), nel ruolo di Cesira che subisce violenza dai militari marocchini, con la figlia Rosetta, ancora bambina.
Anche all’Elba ci furono tante storie simili e anche il coraggio di Olimpia, figlia di un anarchico, salvò dalle violenze giovani ragazzine offrendosi ai soldati al posto loro.Ora Olimpia Mibelli Ferrini avrà una strada che ricorda il suo gesto eroico.
La storia
Olimpia nasce in una famiglia umile. Lavora come lavandaia. Rimane vedova a 15 anni. Non si risposa. Vuole essere libera. Si trucca, va a ballare, si cuce da sé i vestiti. Sceglie per sé stessa. In un tempo in cui la libertà femminile faceva paura, è considerata "chiacchierata". E infatti, per anni, viene ricordata solo come “prostituta”.
Il 17 giugno 1944 le truppe coloniali francesi sbarcano sull’Elba. Iniziano gli stupri: brutali, di gruppo, sistematici. Restano solo i numeri ufficiali: 191 casi accertati di violenze su donne, ragazze e bambini. Numeri che non dicono il dolore. Che non raccontano le vite spezzate. Olimpia non fugge. Fa ciò che nessuno osa fare: si offre spontaneamente ai soldati per salvare le più giovani. In un documento si legge il nome di una delle ragazze protette da lei: «Laura Laurenzi, di 15 anni. Olimpia Mibelli si offrì per sottrarla a tre soldati senegalesi».
Ed è in alcuni di questi che il marchio di Olimpia Mibelli, «donna di facili costumi» è censurato nero su bianco. Un gesto estremo. Solitario. Nessuno glielo chiede. Lei lo fa. Poi scompare per giorni. Quando ricompare, non riprende il lavoro. Si dedica alla madre anziana, alle sorelle, ai nipoti. Sua sorella Andreina, anch’essa violentata, tiene il bambino nato da quella violenza. Lo cresce da sola. Un'altra forma di resistenza. Un’altra storia di forza rimasta sotto silenzio.
Olimpia muore nel 1985. I suoi resti finiscono nell’ossario comunale. Nessuna lapide, nessun ricordo pubblico.
