
Il chitarrista Osvaldo Di Dio con quattro colonne del Pino Daniele degli inizi
I “mille culure” della Napoli raccontata dalle canzoni di Pino Daniele, col cuore tra i vicoli e l’anima in bilico su qualche vecchio vinile di BB King, colorano lunedì alle 21 la Fortezza Medicea di Arezzo con l’arrivo in Viale Bruno Buozzi del chitarrista Osvaldo Di Dio affiancato da quattro colonne del suono che ha segnato l’epopea dell’Uomo in blues quali Gigi De Rienzo al basso, Ernesto Vitolo alle tastiere, Rosario Jermano alle percussioni e Lele Melotti alla batteria. Vitolo e Jermano con Pino già dal primo album, De Rienzo dal secondo, mentre Melotti ai tempi della svolta pop di “Che dio ti benedica” e “Non calpestare i fiori nel deserto”. Messi assieme dal desiderio di ricordarlo nel decennale della scomparsa, i cinque in inverno hanno omaggiato Daniele pure nell’album “Blues for Pino” che la dimensione live espande in direzioni sorprendenti e a volte imprevedibili, come ammette lo stesso Di Dio.
Sera dopo sera il palco ha finito col rafforzare l’impatto della band? "Il palco è tutt’altra cosa rispetto allo studio, perché affina intese, complicità, affiatamento. Tant’è che registriamo quasi tutti i concerti con l’intenzione di trarre a fine estate da questo tour un disco dal vivo".
Cosa cambierà rispetto a quello in studio? "In ‘Blues for Pino’ ci sono dieci brani, mentre in concerto quasi il doppio. Quindi il materiale da scegliere non manca. Basta pensare alle assenze nel primo disco di brani come ‘Tutta ‘nata storia’, ‘Che soddisfazione’ o lo strumentale ‘Toledo’".
Il 18 settembre Napoli ricorda Daniele con un grande concerto in Piazza del Plebiscito. "Gli organizzatori hanno manifestato interesse pure per il nostro progetto. Abbiamo dato la disponibilità e siamo in attesa della risposta. Ovviamente, speriamo di esserci".
Di spettacoli sulla musica di Pino ne sono spuntati diversi quest’anno, uno addirittura degli stessi De Rienzo e Vitolo. "‘Blues for Pino’ è un progetto artistico che parte dagli arrangiamenti, dalla possibilità di trovare ai brani una veste nuova con i musicisti di allora. Altri progetti, invece, partono dal concetto di riprodurre fedelmente le sonorità dei dischi. Scelta, a mio avviso, altrettanto giusta. Quella di Daniele, infatti, è una musica che consente approcci diversi. E questo va ad assoluto beneficio per il pubblico".
Passato e futuro di un repertorio speciale. "Penso che Pino abbia indicato molte strade, alcune delle quali vadano ancora percorse fino in fondo. Penso, ad esempio, all’idea di legare il blues alla tradizione napoletana sintetizzata in maniera così suggestiva tra i solchi di ‘Nero a metà’. Ecco, in quella direzione penso ci possa essere ancora tanto cammino da fare".
Ma lei a Pino oggi cosa chiederebbe? "Questa è una domanda che mi sarò fatto almeno cento volte. Forse gli chiederei perché, nel corso della carriera, ha aspettato così tanto a riformare le sue band storiche, a riunire tanti alfieri di quel ‘neapolitan power’ di cui è stato l’esponente più importante; ad un certo punto ne ha preso un po’ le distanze, ma nell’ultima fase del suo cammino ci si è ricongiunto alla grande. Ed è così che mi piace ricordarlo".