La strage dell’Erasmus. Il padre di Elena Maestrini: "La Spagna tentenna. Chiediamo un’inchiesta parallela in Italia"

La giovane 7 anni fa morì con altre dodici studentesse in un disastro stradale in Catalogna. "Laggiù sanno solo archiviare. L’autista unico a processo"

"Mia figlia morta nell’incidente in Spagna  L’Italia indaghi su tutti i responsabili"

"Mia figlia morta nell’incidente in Spagna L’Italia indaghi su tutti i responsabili"

Grosseto, 20 marzo 2023 – Stamani Gabriele Maestrini sarà di nuovo, con il suo grande tazebao, davanti all’ambasciata di Spagna a Roma. E’ il padre di Elena, la ragazza maremmana che sette anni fa, il 20 marzo 2016, ha perso la vita insieme ad altre sei studentesse italiane (delle dodici vittime in totale) durante un viaggio in pullman dopo una gita prevista dal programma Erasmus.

Sarà di nuovo di fronte all’ambasciata iberica a rappresentare il dolore e la rabbia dei familiari che a distanza di sette anni ancora spettano giustizia.

Spera, oggi, che almeno uno dei diplomatici decida di uscire dal palazzo e vada a parlare con lui. Cosa che fino ad ora non è mai accaduta. Le uniche parole le ha potute scambiare con carabinieri e poliziotti che, come da rito, hanno dovuto identificarlo.

Ma la sua battaglia continua. Vuole avere giustizia, vuole sapere cosa non ha funzionato nell’organizzazione di una gita costata la vita a sua figlia e alle studentesse che rano sul quel bus insieme a lei. Non solo le responsabilità dell’autista che era alla guida (fra l’altro, senza un collega che potesse dargli il cambio), ma anche quelle – da accertare, appunto – degli organizzatori del viaggio. E pure quelle della società che gestisce quel tratto di autostrada privo di barriera centrale che collega la Catalogna con la Francia, nei pressi di Tarragona. La barriera che avrebbe potuto impedire lo scontro frontale tra un’auto e il bus che poi si è rovesciato.

Maestrini, una lunga battaglia. L’ultimo passo è stato l’esposto che ha presentato alla Procura di Firenze.

"Sì, lo abbiamo presentato nel capoluogo toscano perché nell’incidente sono state coinvolte più ragazze della nostra regione. Con questa iniziativa vogliamo che la Magistratura Italiana dia il via libera ad un’inchiesta parallela dopo le tante archiviazioni in Spagna".

Cosa non sta funzionando nella giustizia spagnola, secondo lei?

"Da parte dei giudici spagnoli non è stata mai valutata la possibilità di altre responsabilità e si è guardato solo in direzione dell’autista. Si devono migliorare le situazioni che possono salvaguardare la vita agli studenti. Quanto meno porre attenzione meticolosa ed importante in modo che possano emergere criticità non certo condanne, da questi errori".

L’unico a processo, al momento, è l’autista del bus.

"Anche se le sue responsabilità sono certe, una sua condanna lascera il tempo che trova. I giudici spagnoli, invece, devono valutare le criticità materiali e morali di altri soggetti istituzionali che abbiano responsabilità su quanto accaduto".

Dall’esposto italiano quali risultati si aspetta?

"Non possiamo interferire su un altro Stato, ma vorremmo poter dimostrare che in Italia c’è attenzione sul caso e che non si è trattato di un semplice incidente".

Roberto Pieralli