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Jovanotti: “L’Iran è un Paese sorprendente, la sua gente merita pace e un futuro di libertà”

Il cantautore racconta il suo viaggio di 3000 chilometri in bicicletta fatto qualche anno fa: “I giovani, pensai, non ne possono più, non me lo dicono perché hanno paura a parlarne, non sanno chi sono. Appena si entra nell'attualità si ritraggono ma vorrebbero parlare, gridare, piangere"

Jovanotti: “L’Iran è un Paese sorprendente, la sua gente merita pace e un futuro di libertà”

Firenze, 23 giugno 2025 – Chilometri e chilometri macinati in sella alla sua bicicletta fermandosi di tanto in tanto per ammirare e comprendere “un Paese sorprendente”. Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti, parla dell’Iran e, in un post pubblicato sulla sua pagina Facebook, racconta il suo viaggio lungo 3000 chilometri per veicolare il suo messaggio contro la guerra.

"Stamattina il cellulare mi ha messo in evidenza queste foto di quando ho attraversato l'Iran in bicicletta – scrive il cantautore di Cortona – Entrai da nord, dal confine con l'Armenia e percorsi il paese attraverso Tabriz fino a Isfahan poi indietro passando da Qom arrivai a Teheran dove bighellonai per una settimana. Una ventina di giorni, 3000 km lungo le strade dell'antica Persia. Trovai un paese sorprendente, pieno di contraddizioni, tra modernità e storia, povertà e risorse. Oggi il nome di quelle città è in tutte le news e mi tornano in mente dettagli insignificanti in senso geopolitico ma preziosi nella mia memoria di viaggiatore". Jovanotti su Facebook pubblica le foto di un'Iran di qualche anno fa.

"A Isfahan arrivai un pomeriggio dopo 200 km di deserto di pietre e vento – continua il post –, trovai un posto dove dormire vicino a quella che pensai fosse la piazza più bella che avessi mai visto, faceva a gara con piazza del campo a Siena, piazza san Marco a Venezia, piazza Navona a Roma, ma il fatto che fossi l'unico forestiero in quel momento mi convinse che era tutto speciale. In quella piazza passai ore bellissime, dell'Iran continuava a colpirmi la gentilezza della gente, l'ospitalità come valore sacro che verificavo di persona, l'età media molto giovane delle gente che vedevo in giro, la disponibilità a fare due chiacchiere davanti a un tè zuccheratissimo in un inglese stentato ma pieno di voglia di capirsi. Notavo che ogni volta che la mia curiosità e le mie domande toccavano la politica del loro paese calava un silenzio imbarazzato, giri di parole, come quando si parla di una malattia pericolosa di cui non è chiara la cura, in bilico tra speranza e rassegnazione. I giovani di questo Paese, pensai, non ne possono più, non me lo dicono perché hanno paura a parlarne, non sanno chi sono e nonostante spieghi che sono un italiano in bicicletta appena si entra nell'attualità del loro Paese si ritraggono ma vorrebbero parlare, gridare, piangere".

Jovanotti spiega che "in questi giorni leggo i nomi di quelle città e mi tornano in mente cose, soprattutto momenti bellissimi in quella terra antica e favolosa intrisa di una storia tra le più ricche del mondo. Uno dei luoghi dove la poesia è importante come l'acqua e come la vita. Ricordo un parco a Teheran dove passeggiando incontrai un monumento a Dante, al nostro Dante, per dire. Quella gente merita la pace e un futuro di libertà, come tutta la gente del mondo, intendo la gente che vive, studia, lavora, ama e spera, come tutti noi".