STEFANO BROGIONI
Cronaca

Call center condannato per molestie: risarcimenti per 2.000 euro

La denuncia di un utente: anche chiamate mute sul numero di casa

Un call center (Foto Ansa)

Un call center (Foto Ansa)

Firenze, 6 agosto 2022 - Il call center che ha impallinato di telefonate un cittadino è stato condannato per molestie. Così ha deciso il tribunale di Firenze (giudice Francesco Coletta) comminando una pena pari a 300 euro di ammenda (e un risarcimento danni di 2mila alla persona offese) alle responsabili di un’azienda di pubblicità commerciale che non avrebbero "vigilato sullo svolgimento dell’attività del call center" e avrebbero mancato di disporre "piani operativi volti ad evitare situazioni di malcostume nell’attività dei singoli operatori".

Il procedimento, istruito dal pubblico ministero Gianni Tei, nasce dalla denuncia, tra l’allarmato e l’infastidito, di un fiorentino, Sergio S., che tra il 14 e il 21 marzo del 2017, sul proprio telefono fisso, ricevette una ventina di telefonate mute, tutte da una stessa utenza. Richiamandola, non rispondeva nessuno oppure si attivava un messaggio registrato che attestava l’indisponibilità del numero.

Sergio S. pensò anche a qualche malintenzionato e sporse querela. Secondo il giudice, si legge nelle motivazioni della condanna, "la frequenza e la ripetitività delle chiamate e la circostanza che le stesse erano mute integrano senza dubbio la petulanza che integra il reato", considerato che per il numero dei tentativi giunti sull’utenza "non può neppure ritenersi che vi sia stato un mero errore di inoltro delle chiamate".

"Appare invece evidente – scrive ancora il giudice Coletta – che le numerose e ripetute chiamate rispondono a una modalità fastidiosa di contatto degli utenti secondo modalità in uso nelle pratiche commerciali per cui spesso vengono effettuate chiamate anche al solo scopo di verificare la funzionalità di un’utenza telefonica. E’ altresì ovvio che la gestione di attività di call center, che è attività ovviamente lecita e inserita nel contesto della libera attività di promozione commerciale di servizi e prodotti, deve essere effettuata adottando misure tecniche e comportamentali degli operatori che salvaguardino il potenziale cliente oggetto delle chiamate".

Invece , motiva ancora il giudice, il call center sotto accusa "non ha fornito alcuna prova in ordine al fatto di aver prediposto regole lavorative, ordini di servizio, formazione specifica sul punto, utili ad evitare che una legittima attività di promozione commerciale potesse essere adottata con modalità inadeguate".