
Fioretti, processo Astori
FIRENZE, 4 Maggio 2021 - Vittoria. L’esito del processo è scritto all’anagrafe della loro unione. Vittoria. Per la loro figlia, per Davide, e anche per lei, mamma Francesca, composta quanto ostinata nelle tre udienze di un contradditorio complicatissimo che si è concluso con una rimonta anche inaspettata. Il processo per l’omicidio colposo finisce con il risultato che sembrava meno probabile: condannato il professor Giorgio Galanti, il direttore della medicina sportiva dell’ospedale di Careggi che, nel 2016 e nel 2017 firmò l’idoneità agonistica di Davide Astori, 31 anni, capitano della Fiorentina ma anche padre e compagno. Un anno di reclusione (pena sospesa), danni morali e materiali da calcolare in sede civile, ma provvisionali immediatamente esecutive per un milione e novantamila euro, quasi metà dei quali a Francesca e alla figlia. Fioretti, tailleur nero, dopo la lettura del sentenza del giudice Antonio Pezzuti è rimasta per quasi un’ora chiusa in quell’aula. Inevitabili le lacrime. Poi un abbraccio con il fratello di Davide, Marco, unico rappresentante della famiglia Astori presente ieri mattina al palagiustizia di Novoli, e via. Fuori ci sono telecamere e taccuini ad attenderla. Dichiara gioia e dolore, li mescola in poche parole prima di salire su un pullmino. "Sono molto felice e orgogliosa che finalmente sia stata fatta giustizia per Davide anche se dispiaciuta che lui oggi non possa essere qui con noi. Però spero vivamente che questa sentenza possa servire a salvare anche una sola vita". Quello che ha ucciso Astori il 4 marzo del 2018, poche ora prima della partita che la Fiorentina doveva disputare a Udine, è un male subdolo. Si presentò con un’improvvisa tachiaritmia ventricolare maligna, conseguenza della cardiomiopatia aritmogena di cui il difensore neanche sospettava di soffrire.
Per i consulenti del pubblico ministero Antonino Nastasi, segnali della presenza del male erano però alcune aritmie emerse nel corso dei test da sforzo a cui il calciatore si era sottoposto per ottenere l’ok all’attività nel luglio 2016 e luglio 2017. Galanti, a fronte di quei risultati, avrebbe dovuto applicargli l’holter, come previsto dalle linee guida ’Cocis’. Qui, in attesa di leggere le motivazioni della sentenza - previste fra 90 giorni - si può ipotizzare che il giudice abbia collocato la violazione costata la condanna all’ex direttore di medicina sportiva. L’holter non venne mai applicato per le canoniche 24 ore al cuore di Astori. E da questa lacuna si innescherebbero altre ipotesi di responsabilità forse meno nitide. Ma l’holter non è stato eseguito, nonostante i protocolli. Secondo il prof Domenico Corrado dell’Università di Padova, consulente del pm che aveva chiesto 18 mesi di condanna, questo esame di ’secondo livello’ avrebbe permesso di ottenere il grading dell’aritmia ventricolare e dunque avrebbe aperto la strada ad un terzo livello di accertamenti, la risonanza magnetica cardiaca.
Tali passaggi, sempre secondo l’accusa, avrebbero permesso di diagnosticare la cardiomiopatia aritmogena anche in fase pre-sintomatica. Avviare quindi le cure adeguate e salvare la vita del calciatore. La condanna è ar rivata anche se gli stessi consulenti del giudice (il cardiologo Fiorenzo Gaita e il medico legale Gian Luca Bruno) attribuivano all’holter una "non alta probabilità, vista la variabilità dell’aritmia", di intercettare le irregolarità del cuore di DA13. Se ne parlerà ancora, comunque. L’avvocato di Galanti, Sigfrido Fenyes, ha già annunciato che impugnerà la condanna, pesante anche dal punto di vista economico. "Dalle carte processuali - ha commentato - secondo me la responsabilità di Galanti non emergeva, e neppure dagli esiti della perizia".