
Una visita medico-sportiva (foto di repertorio)
Firenze, 15 maggio 2025 – All’improvviso il buio. Tutto finisce. Nella tragedia, un paradosso: cresce la lista delle morti cardiache improvvise tra gli atleti. Ragazzi supercontrollati, sottoposti a test per ottenere l’idoneità agonistica. Uno studio del 2023 dell’Università di Padova, in collaborazione con l’Aulss2, evidenzia che grazie agli screening medico-sportivi sui ragazzi sotto i 16 anni, sono state potenzialmente salvate 69 vite. A fare la differenza, in Italia, è la prova da sforzo, obbligatoria in ogni visita medico-sportiva. Non è un dettaglio. È la chiave. Perché molte aritmie pericolose emergono solo sotto sforzo.
Un elettrocardiogramma a riposo può non dire tutto. Nel 2024, un altro studio – condotto con la medicina dello sport dell’Aulss6 e pubblicato sul «British Journal of Sports Medicine» – ha confermato che lo screening è decisivo nei ragazzi sopra i 12 anni.
Ma cosa si cerca? Una delle minacce più insidiose: la lesione non ischemica del ventricolo sinistro. Una cicatrice. Che può essere l’esito di una miocardite o di una cardiomiopatia genetica. La causa emergente di arresto cardiaco negli atleti. Lo ha dimostrato, già nel 2016, l’Unità Operativa di patologia cardiovascolare dell’Aoupd, con uno studio pubblicato su «Circulation Arrhythmias and Electrophysiology»: quelle cicatrici possono scatenare aritmie ventricolari maligne, dunque potenzialmente letali.
E i numeri lo confermano. Nel registro delle morti improvvise giovanili una larga percentuale è legata a questa patologia. Lo screening obbligatorio salva le vite. Ma non basta. Se ci sono, i segnali non vanno ignorati, né sottovalutati. Serve approfondire. E, se necessario, stoppare gli atleti. Può sembrare spietato fermarsi, anche davanti a un talento. Soprattutto quando intorno a lui ruotano aspettative, investimenti, affari. Ma è inaccettabile piangerne la morte. Quella sì, una sconfitta morale per tutti.