REDAZIONE AREZZO

Bigiotteria, l’azienda che sente il morso della crisi. Dipendenti ridotti e solidarietà

La storica ditta di bigiotteria Amom, dal 2021 in mani svizzere, è passata in poco tempo da 120 a 80 lavoratori. Le incertezze del mercato moda hanno portato gli ammortizzatori sociali dopo un lungo periodo di crescita. Il sito industriale è a Badia al Pino. Collaborazioni da anni con la moda internazionale

Un oggetto di bigiotteria, una delle tante specializzazioni di Amom (foto d’archivio)

Un oggetto di bigiotteria, una delle tante specializzazioni di Amom (foto d’archivio)

Arezzo, 7 luglio 2025 – È stata una delle realtà produttive più solide della Valdichiana aretina, punto di riferimento per la bigiotteria e gli accessori per la moda, tanto da collaborare con Prada e Dior. Oggi, la Amom, con sede a Badia al Pino, vive però una fase di profonda incertezza. In quattro anni, i dipendenti sono passati da circa 120 agli attuali 80, senza che vi sia stata una crisi eclatante: solo un progressivo ridimensionamento.

Fondata negli anni Sessanta dalla famiglia Veneri l’azienda aveva conosciuto una lunga stagione di crescita. Un sito produttivo imponente, con capannoni e macchinari moderni, che per decenni ha rappresentato un’eccellenza del territorio nel comparto della meccanica al servizio del lusso, sembra in evidente affanno. Nel 2021 la cessione al gruppo svizzero Riri, leader globale nella produzione di zip e accessori metallici.

Multinazionale con sede a Mendrisio, a sua volta controllata da Oerlikon, holding con base a Zurigo, attiva in diversi settori della tecnologia avanzata e anche nella produzione di sistemi per cannoni antiaerei e per la difesa navale. Una enorme diversificazione degli interessi che ha trasformato un gioiello di famiglia nella tessera di un mosaico a livello planetario: il colosso svizzero ha oltre 12mila dipendenti distribuiti in diversi Paesi.

Il calo della forza lavoro alla Amom si è intensificato con il ricorso alla cassa integrazione e poi al contratto di solidarietà. Meno di 80 dipendenti attivi, con una significativa riduzione del potenziale produttivo. Il settore di riferimento, quello della componentistica per la moda, ha indubbiamente subito una fase di rallentamento, ma diverse aziende del comparto hanno saputo reagire con strategie di rilancio, diversificazione dei mercati e investimenti mirati.

A farne le spese è un intero territorio che rischia di perdere un altro pezzo del proprio tessuto manifatturiero, con un effetto domino difficile da contenere. Con una domanda che resta aperta: c’è ancora spazio per un’industria aretina radicata, innovativa e competitiva che affronta le sfide globali o siamo di fronte all’ennesimo caso di smobilitazione silenziosa delle nostre imprese?

Federico D’Ascoli