Walter giovedì consegnerà il testamento biologico: con lui ci sarà Mina Welby

Appeso alla cannabis per vincere il dolore, De Benedetto deciso ad andare fino in fondo: al suo fianco la moglie di Piergiorgio e anima dell'associazione Coscioni

Mina Welby e De Benedetto

Mina Welby e De Benedetto

Arezzo, 5 novembre 2019 - Il giorno sta arrivando, il giorno è giovedì. E ’ il giorno in cui Walter De Benedetto depositerà in Comune il testamento biologico, dando seguito all’annuncio fatto nel corso dell’incontro con Marco Cappato e Marco Perduca nella sua abitazione di Ripa di Olmo. Ad accompagnalo, allo Sportello Unico della Cadorna, ci sarà Mina Welby.

E’ dunque confermato l’ulteriore scatto in avanti della battaglia che Walter sta conducendo su un doppio fronte: da una parte per ottenere dal servizio sanitario nazionale una quantità superiore di cannabis medica; dall’altra per reclamare una scelta volontaria sul fine vita.

«Firmo il testamento biologico e reclamo il mio diritto al libero arbitrio per la morte che verrà. Tutto ha un inizio e una fine» ha scritto De Benedetto in un post sulla sua pagina Facebook, diventata visitatissima dopo che la vicenda si è trasformata in un caso nazionale. La legge sul testamento biologico si basa su alcune condizioni precise, tra le quali la capacità di intendere e di volere al momento della sottoscrizione e una situazione di malattia irreversibile.

Ma oltre alla volontà di non essere sottoposto a una macchina artificiale, non si può andare. Ecco perché si parla di «un atto simbolico e allo stesso tempo concreto»: l’ex dipendente Asl ha infatti manifestato la sua intenzione di non essere intubato quando putroppo le sue condizioni di salute lo imporranno. Quanto alla cannabis, ancora il post sui social ribadisce la posizione di Walter: «La mia è una storia di negazione del diritto alla salute e di accesso a terapie consentite nel nostro Paese per curare il dolore grazie alla cannabis. Un dolore che non aspetta. Da anni ho trovato conforto terapeutico nella cannabis, ma da tempo non riesco a ottenere la quantità che mi occorre per affrontare il dolore che quotidianamente mi accompagna».

E’ un dolore lancinante provocato dall’artrite reumatoide. Scrive ancora Walter: «Mi è stata diagnosticata a sedici anni dopo tre mesi di febbre altissima. Si tratta di una malattia degenerativa, un cancro della sinovia, il liquido extracellulare contenuto nelle cavità articolari che funge da lubrificante. La situazione attuale è l’infermità. Ho una protesi in un osso che sporge di due millimetri per la quale dovrò subire un’operazione importante. La stessa cosa è già successa alla gamba sinistra.

È molto dura. A volte penso di fare lo sciopero delle medicine, che essendo dipendente da cortisone sarebbe per me letale in tre giorni. È l’unica soluzione che ho in mente quando la rabbia diventa troppo grande. Coltivando le mie piante non ho commesso un reato penale ma un atto di disobbedienza per mancanza del farmaco»