
Lavoro in industria (Ansa)
Arezzo, 23 marzo 2020 - Spegne i motori il sistema Arezzo, il più grande complesso manifatturiero della Toscana in valori pro-capite, ma li spegne con riserva e con tre giorni di tempi, fino a mercoledì. Chiude il distretto orafo, restano aperte le grandi fabbriche dell’agro-alimentare, da Buitoni a Fabianelli, continua la produzione un gigante dell’officinale farmaceutico come Aboca, serra i battenti la moda, a partire da Prada, proveranno comunque ad aprire alcune big come Abb e Fimer, che credono di rientrare fra i codici Ateco cui è consentito di non fermare i macchinari.
All’indomani del drammatico discorso di mezzanotte del premier Giuseppe Conte, nel mentre il decreto annunciato dal presidente del consiiglio e firmato a tarda ora è ancora oggetto di varie interpretazioni, la situazione dell’industria aretina resta confusa.
Se ne lamentano molti imprenditori: «E’ uno scandalo che alle sei del pomeriggio non sia ancora disponibile un testo ufficiale e chiaro per tutti», dice uno di loro. Gli fanno eco i sindacati, a cominciare dal più forte, la Cgil, che devono fronteggiare anche le pressioni dei lavoratori, i quali vorrebbero fermarsi per evitare il rischio contagio.
Uno dei casi più controversi è appunto quello di Abb e Fimer, che hanno raccolto l’eredità dell’ex Power One di Terranuova, centinaia di dipendenti divisi fra produzione di colonnine per la ricarica elettrica (la multinazionale svizzera) e inverter (la Fimer). Entrambe sono convinte di rientrare nella categoria della produzione di materiale elettronico e si sentono dunque autorizzate ad andare avanti.
I sindacati dei metalmeccanici fremono, la base operaia anche. Stamani, alla ripresa del lavoro, sarà una delle situazioni più complesse da gestire. Come quella di Duferdofin, anch’essa erede di una parte della vecchia Ferriera di San Giovanni, che sforna cingoli per trattori: rientriamo nella deroga. Si ferma invece Beltrame che della Ferriera è la principale continuatrice.
Tutti a casa, la decisione dell’azienda. Polynt, le ex distillerie, sempre a San Giovanni, sono aperte: c’è la deroga per la chimica Sempre in Valdarno, la Zucchetti Centro Sistemi, del presidente della delegazione aretina di Confindustria Sud Fabrizio Bernini, continua in telelavoro. Non c’è produzione fisica di robot, che è delegata a una ditta esterna, solo progettazione e realizzazione di software che può proseguire in telelavoro per la gran parte dei 200 dipendenti.
«Chiudiamo la sede - dice Bernini - la gran parte di chi lavora per va in smart working. Penso che fermerò anche la realizzazione dei robot». Ma soprattutto, in una provincia in cui l’oro è la principale attività economica, non riapre oggi il distretto dei gioielli, a cominciare dal gigante e faro del settore UnoAerre, che aveva deciso di ripartire per 4 giorn: ne avrà a disposizione solo 3.
E’ una filiera di oltre mille sigle che va in sonno, per qualcosa come 10-12 mila addetti, di gran lunga il cuore della manifattura aretina. Tra i raffinatori, non spegne del tutto la luce Chimet, che prosegue almeno con il reparto di incenerimento dei rifiuti, soprattutto ospedalieri, 6 mila tonnellate, unica azienda in Toscana. Un settore essenziale nell’emergenza virus.
Tra le produzioni indifferibili rientrano anche le industrie agro-alimentari, senza le quali si fermano i supermercati. Fabianelli (50 dipendenti) continua con 4 turni distribuiti sulle 24 ore, cancelli aperti anche alla Buitoni di Sansepolcro, il più grande stabilimento del settore in provincia. A cavallo fra alimentare e farmaceutico va avanti Aboca, sempre a Sansepolcro, che non ha mai avuto tanto lavoro come adesso, proprio per effetto dell’emergenza.
Per gli uffici pubblici apertura a scacchiera: impiegati allo smart working ma niente pubblico se non nei casi urgenti. Business as usual in quel che è rimasto del commercio: supermercati, alimentari, farmacie, edicole e tabaccai: 5 mila persone che oggi sono al pezzo come sempre.