
Arezzo, 12 settembre 2023 – Aggressioni, violenze, persecuzioni e femminicidi. Una drammatica escalation, i dati nazionali parlano chiaro. Non passa settimana senza che la cronaca non dia a questi dati un volto.
Una recrudescenza a cui anche Arezzo ha assistito dopo i due lunghi anni di Covid. Dall’inizio dell’anno ad oggi sono 202 le donne che si sono rivolte al centro antiviolenza «Pronto Donna»; quelle che almeno una volta hanno varcato le porte dell’associazione. Molte di loro quella strada l’hanno percorsa decine di volte. «Perché non c’è niente di più subdolo della violenza perpetrata dal coniuge, colui che dice di amarti.
Una violenza molto difficile da riconoscere, spesso anche solo da nominare. Che non si vede, non è dimostrabile» spiega Loretta Gianni, presidente del centro antiviolenza «Pronto Donna» di Arezzo . «Comportamenti che fanno parte della quotidianità. Ci sono tanti segnali che spesso la donna non coglie perché c’è abituata.
La donna, con il supporto della nostra associazione, prende piano piano consapevolezza di quei gesti e grazie a questo lavoro è lei che decide come proseguire la sua vita».
Al momento non c’è un aumento di richieste di aiuto rispetto allo scorso anno, quando furono 317 le donne che si erano rivolte l’associazione. Un numero costante, ma pur sempre preoccupante. Perché a questo va ad aggiungersi un sommerso di donne che quella forza, quel coraggio stentano a trovarlo, perché il mostro è in casa, e fa paura.
«Al di là dei numeri, infatti, il sommerso è tanto». «Il nostro è un problema culturale. L’equazione è crudele nella sua semplicità: stereotipi, pregiudizi, discriminazione che si traducono in violenza» continua Gianni.
«Non dimentichiamo che la violenza degli uomini sulle donne fine a qualche anno fa nel nostro paese era legittimata dalla legge. È quindi fondamentale un continuo parlarne. Se ci dimentichiamo di tenere alta l’attenzione questo retaggio, molto radicato nella nostra cultura, c’è il rischio che riprenda campo».
Una piaga, quella della violenza, che è dilagata fra i giovani, coloro che dovrebbero essere più liberi da pregiudizi e da vecchi retaggi culturali, ma duri a morire. Parola d’ordine quindi, soprattutto tra i giovani, è informare, comunicare.
A colpire le donne oltre alla violenza fisica e psicologica, c’è stato un incremento di quella economica. Non permettere di avere libertà di accesso ai conti, o il divieto di tornare a lavoro magari dopo una gravidanza. Una forte limitazione di libertà, perché l’autonomia economica è fondamentale per uscire dai rapporti pericolosi.
«Più del 50% delle donne colpite sono italiane, quindi del territorio aretino» continua la presidente. Tra un mese si terrà il processo a Jawad Hickam, l’uomo che ad aprile ha ucciso a coltellate la moglie 35enne Sara Ruschi e la suocera di 73 Brunetta Ridolfi.
«Una ferita nella città. Abbiamo fatto sentire la nostra presenza anche organizzando una fiaccolata alla quale erano presenti molti uomini. In quel caso c’è stata una sottovalutazione del rischio, chi non conosce il problema è facile che non riconosca importanti campanelli d’allarme. Le donne devono sapere che c’è una strada alternativa ad una relazione violenza”.