Violenza ai Cappuccini, parla lei: "Col coltello mi ha minacciata e tagliato il reggiseno"

Richiesto l'incidente probatorio per raccogliere il racconto che la ragazza ha già dettagliato ai carabinieri. Ora la Procura potrebbe procedere verso il rito immediato

Violenza sessuale (Foto germogli)

Violenza sessuale (Foto germogli)

Arezzo, 16 giugno 2018 - Ora parla lei. La vittima dello stupro avvenuto nella palazzina dei disperati, il complesso residenziale mai terminato dietro via Curina (in zona Cappuccini) che era diventato il rifugio di un manipolo di senza tetto, fra cui il clandestino finito in carcere, dopo il cui arresto il gruppetto degli occupanti abusivi si è di colpo disperso.

Il Pm Marco Dioni, responsabile del pool per i reati sessuali della procura, che ha ereditato il fascicolo dalla collega Julia Maggiore, ha formalizzato nei giorni scorsi la richiesta di incidente probatorio per la trentenne aretina protagonista suo malgrado della violenza sessuale. Servirà appunto a cristallizzare il racconto che la giovane ha già fornito ai carabinieri nella denuncia della mattina dopo (venerdì della scorsa settimana), dandogli valore di prova ed evitando a lei la più scomoda delle prove: quella di rievocare lo stupro nel corso di un processo pubblico.

Così, invece, saranno in aula soltanto il Gip e le parti: il Pm, l’avvocato difensore, l’eventuale parte offesa se la ragazza si costituisce in giudizio, l’accusato se decide di presentarsi. Un modo assai più discreto di procedere. Ma la richiesta di incidente probatorio partita da Dioni in una fase così preliminare, ad appena una settimana dallo stupro, significa anche, probabilmente, che la procura ha intenzione di chiedere il rito immediato dell’evidenza della prova, quello nel quale si salta l’udienza preliminare e si va direttamente a processo, davanti a un Gup se l’imputato chiede il rito abbreviato che gli dà diritto a un terzo di sconto della pena in caso di condanna.

In procura, infatti, ritengono di avere elementi già abbastanza solidi per sostenere l’accusa: non solo il racconto della giovane ma anche gli elementi obiettivi che lo fanno ritenere credibile. L’esame medico del codice rosa, dunque, secondo il quale ci sono segni inequivocabili di un rapporto violento e anche il reggiseno di lei, tagliato a metà, come la giovane aveva detto in denuncia: me lo ha tranciato con lo stesso coltello usato per minacciarmi. Il Gip non ha ancora fissato una data per l’incidente probatorio, ma dovrebbe essere a breve.

In quell’occasione la giovane dovrà ripetere la sua verità, che è grossomodo quella già anticipata da La Nazione. L’incontro casuale nella zona del Palazzo di giustizia, lui che le ruba la bicicletta e la sfida ad andare a riprendersela, attirandola così in una trappola che si chiude nel complesso edilizio rimasto a metà di via Curina. Lì lui le spiana contro il coltello e la costringe a subire.

Inutile dire che, come succede quasi sempre nei casi di stupro, il clandestino, un marocchino di 56 anni, Abdelaziz Zougar, ammette solo il rapporto sessuale, ma dice che è stato consensuale, senza uso della forza. La sua versione è più articolata rispetto a quella di lei e comincia da piazza GuidoMonaco dove la ragazza gli avrebbe chiesto giovedì sera ospitalità per la notte.

Poi il tragitto fino a via Curina, un paio di birre acquistate per strada e il sesso, che secondo lui sarebbe stato agevolato dall’alcool. Non gli ha creduto il Pm Maggiore, che ha chiesto subito il carcere, non gli ha creduto il Gip Fabio Lombardo, che l’ha lasciato dentro. Anche i precedenti, spaccio e addirittura tentato omicidio, gli sono contro. Non sarà facile per il clandestino uscirne pulito.