Vaccini, l'ultimo ritardo: non arriva l'infornata finale dell'influenza da 8000 dosi

Già coperti però 115 mila aretini delle fasce a rischio. Nelle farmacie non resta niente per il libero mercato dei 200 mila abitanti sani. L’obiettivo è la prossima settimana.

Vaccini

Vaccini

Arezzo, 28 novembre 2020 - Ventimila vaccini sotti i mari. Nel senso che sono inabissati, mai arrivati, come pure previsto, alla Usl il 25 novembre, lotto che doveva consentire di portare la campagna anti-influenzale alla copertura dell’87-90 per cento delle fasce di popolazione a rischio. Invece niente, come conferma il responsabile dell’area farmaceutica dell’azienda sanitaria, Fabio Lena: se ne riparla, se va bene, la prossima settimana, forse il 4 dicembre anche se qualcuno spera di risolvere la grana entro il primo.

Che consentirebbe di riprendere le vaccinazioni interrotte anche negli ambulatori più forniti, come quelli della Casa della Salute di via XXV Aprile, negli ultimi giorni, con ancora centinaia di persone in lista. Si aggiunga che il vaccino nelle farmacie, quello per il libero mercato, non si trova nemmeno a pregare e avremo il quadro di un’operazione che è stata sì massiccia come mai in passato ma che non è arrivata a coprire tutte le esigenze, a cominciare da quelle dei 200 mila aretini che non rientrano, beati loro, tra le fasce a rischio e che la vaccinazione contro l’influenza potrebbero vederla col binocolo.

Intendiamoci: quello di chi non rientra nella popolazione protetta non è un problema della Usl e della sanità regionale, che garantisce solo gli utenti deboli. Gli altri devono rivolgersi al libero mercato e pagare 20 euro per la dose.

Ma da qualche parte c’è stato una grossa sottovalutazione di quella che sarebbe stata la domanda, probabilmente da parte delle stesse aziende farmaceutiche, che quando hanno programmato la campagna anti-influenzale 2020, più o meno a gennaio, non hanno messo in conto il boom di mercato indotto dall’arrivo del Covid e dalla paura che ha scatenato in tutti.

Pagano le industrie del settore, che potevano far lievitare i profitti, e pagano soprattutto quanti il vaccino non lo potranno fare, anche se (piccola consolazione) la stessa mascherina che ci protegge dal virus del Corona dovrebbe garantirci anche una maggiore sicurezza dalla trasmissione dell’influenza. Può darsi insomma che i classici picchi di gennaio e febbraio stavota siano più bassi.

Questo per quanto riguarda il libero mercato delle farmacie sul quale aveva lanciato già l’allarme il presidente aretino di Federfarma, Roberto Giotti. Ma perchè l’ultima infornata di dosi non arriva neppure per quanti in fascia a rischio non sono stati ancora vaccinati? Secondo Lena, dipende dall’azienda che ha vinto l’appalto indetto in primavera dalla Regione. Ancora ritardi lungo la catena di distribuzione e quindi lo slittamento nella consegna dei 20 mila vaccini mancanti. Su un totale di 260 mila già distribuiti dalla Usl, sempre tramite le farmacie, ai medici di famiglia.

Con la fornitura in arrivo dovrebbero salire a 280 mila, 115 mila dei quali già destinati ad Arezzo, più gli 8 mila dell’ultima mandata. Il rapporto è appunto quello di 8 aretini a rischio su 10 che sono già coperti. Per fare un esempio concreto, la Casa della Salute che con i suoi otto medici di famiglia è sicuramente la struttura territoriale più importante ha già effettuato 2800 vaccinazioni, tutte riservate alle fasce deboli, gli over 65 (ma anche over 60), i malati cronici, i bambini, le categorie professionali più esposte.

Restano in lista circa 350 persone, quelle da vaccinare con le dosi non ancora arrivate. Come si vede dai numeri, anche qui siamo già oltre l’80 per cento di quanto programmato,risultato buono ma ditelo a chi aspetta. Le cifre sono più o meno il doppio di quelle dello scorso anno ed è un dato costante sul territorio nazionale.

Anche chi fino allo scorso anno sperava nella buona sorte e non si vaccinava, stavolta ha scelto di mettersi in sicurezza. L’effetto Covid appunto che non era stato previsto a gennaio (quando il virus era solo cinese) e fino a un certo punto in primavera, quando le Regioni indissero le gare d’appalto. A chi resta fuori (in gran parte sono i sani) non resta che sperare: Dio ce la mandi buona.