"Vacanze scontate per favorire la cosca": corruzione, indagato dirigente regionale aretino

E' accusato di aver facilitato Chiefari per ottenere lavori in somma urgenza a Civitella, ha ricevuto l'avviso di fine indagine (nella foto il Pm Paolini)

Il pm Eligio Paolini, presidente Anm Toscana, lancia l’allarme per le condizioni in cui versa il tribunale

Il pm Eligio Paolini, presidente Anm Toscana, lancia l’allarme per le condizioni in cui versa il tribunale

Arezzo, 26 marzo 2022 - L’accusa, se confermata, è pesante: corruzione, ma per l’esercizio della funzione e non il contrario. Il contesto ancor di più: uno dei tronconi di indagine sulle infiltrazioni della ’ndrangheta in terra Toscana con epicentro il Valdarno: costola del più noto e qinquietante «Keu». Ma stavolta a finire nei guai, insieme ad altri 12, è un dipendente pubblico della Regione Toscana. Massimo Melucci, 51 anni, nato a Caserta e residente ad Arezzo, già assistente tecnico professionale struttura Genio Civile in Valdarno è finito nel tritacarne dell’avviso di conclusione delle indagini firmato dal sostituto procuratore Eligio Paolini, l’anticamera di un processo.

Avrebbe - secondo la ricostruzione accusatoria – ottenuto vacanze a prezzi vantaggiosi nel camping a Santa Caterina dello Ionio, ritenuto contiguo alla cosca Gallace di Guardavalle in cambio di facilitazioni nell’assegnazione di lavori diretti su suolo aretino. In particolare Melucci avrebbe facilitato assegnazioni dirette con la procedura della ’somma urgenza’ per la Idrogeo Srl, amministrata da quell’Antonio Chiefari accusato, nell’ambito della stessa indagine, di associazione a delinquere. Nell’imputazione mossa al dipendente pubblico sarebbero stati affidati i lavori a Chiefari nel luglio del 2019 per il rifacimento di un’erosione nell’argine dell’Arno nell’area di Bibbiena che però lo stesso imprenditore rifiutò per andare in ferie.

A novembre del 2019 andò invece in porto l’affidamento diretto per la manutenzione a Spoiano, nel Comune di Civitella. La procura ritiene inoltre che fu sempre Melucci ad avvertire Chiefari dell’ispezione di un tecnico dell’Anas. Il presunto patto scellerato si sarebbe tradotto anche nella facilitazione – tramite Chiefari – della Figlinese Inerti nel conferimento e smaltimento in cava di tonnellate di detriti provenienti dall’alluvione del luglio 2019. Melucci, difeso dall’avvocato Piero Graverini, era stato raggiunto da una perquisizione nella seconda fase dell’inchiesta della Dda.

«Prima di fare qualsiasi considerazione aspettiamo di vedere l’immensa mole di atti», si limita a spiegare il legale. Duemila pagine di accertamenti e intercettazioni: quei legami pericolosi finiti ora sotto la lente di ingrandimento. Aretini di adozione, in particolare in quel Valdarno da sempre terra di conquista delle mafie, sono anche la maggior parte degli altri indagati. Nicola, Ambrogio e Antonio Chiefari (il primo tuttora agli arresti) sono residenti a Bucine (difesi dagli avvocati Cinzia Scotto e Vincenzo Cicino). Tra i nomi noti rispunta Francesco Lerose, domiciliato a Pergine Valdarno e tuttora agli arresti domiciliari.

E’ lui uno dei sette al quale la Dda – all’esito delle indagini dei carabinieri del Ros – contesta l’associazione di stampo mafioso. E, in particolare l’ex articolo 7, ovvero dell’aver agito con «metodo mafioso». Il clan avrebbe dato sfoggio di minacce alle imprese che avrebbero potuto ostacolare l’egemonia del mercato della mugellana Cantini Marino, l’impresa che, secondo la Dda, sarebbe stata infiltrata dalla cosca Gallace.

Alla Cantini, secondo le indagini, faceva gola l’appalto della 429. Ed è per estromettere un imprenditore concorrente, che già stava lavorando nel quinto lotto dell’infrastruttura empolese, che sarebbe stato organizzato un atto intimidatorio nell’impianto di Lerose a Pontedera, quello che smaltiva anche il keu. E dove l’imprenditore sarebbe stato attirato con l’inganno.