
Lo sportello Caritas di Via Fonte Venziana è coordinato da Manuela Esposito
AREZZONel cuore della città, dietro una porta discreta e senza clamore, si apre ogni giorno uno spazio dove la fragilità ha voce, dignità e ascolto: lo sportello Caritas coordinato da Manuela Esposito è molto più di un luogo dove chiedere aiuto. È un presidio di umanità e progettazione sociale, dove la povertà non è mai un numero, ma un volto, una storia, un percorso da ricostruire. "Non siamo solo assistenza, siamo accompagnamento", dice con fermezza Esposito. "Ogni persona che arriva qui porta un dolore, spesso invisibile. C’è chi non mangia da giorni, chi è sommerso dai debiti, chi combatte ogni giorno con la malattia mentale di un figlio. Noi non ci limitiamo a pagare una bolletta: ci sediamo con loro, ascoltiamo, costruiamo percorsi". I numeri parlano da soli: oltre 500 persone ogni anno, più di 1.000 colloqui al centro d’ascolto di Arezzo. Ma dietro le cifre si celano vite complesse. Come quella di una madre, con una figlia affetta da gravi disturbi psichiatrici. Monoreddito, affitto insostenibile, disperazione crescente. "Abbiamo lavorato in rete con i servizi sociali, costruendo un progetto durato anni: riduzione dell’indebitamento, inserimento in una casa popolare, stabilizzazione della figlia. Un passo alla volta, verso una nuova autonomia". Eppure, spiega Esposito, la povertà è spesso solo la punta dell’iceberg."Dietro un bisogno economico si nasconde molto altro: traumi, violenze subite, isolamento, relazioni tossiche. Ci sono donne che non riescono a dire no, ragazzi invisibili al sistema, uomini e donne spezzati da dipendenze e malattie psichiche non curate. La nostra missione è aiutare a rimettere insieme i pezzi". Il lavoro dello sportello è tanto sociale quanto educativo: insegnare a gestire le risorse, riconoscere i limiti, accettare il sostegno, trovare un equilibrio. Tutto parte dal colloquio, dall’incontro autentico con l’altro. "Il nostro metodo non è: ti do quello che mi chiedi e poi vediamo. È l’esatto contrario. Prima ti conosco, comprendo la tua storia, le tue ferite, poi insieme costruiamo un progetto. Non salviamo nessuno. Aiutiamo le persone a salvarsi da sé". Molte storie non finiscono con un lieto fine da copertina. Ma alcune parlano di piccoli successi che valgono quanto una rinascita. Come quella di una donna cresciuta in una famiglia maltrattante, affetta da un lieve ritardo cognitivo, trascinata in una relazione manipolativa. Accolta dalla Caritas, ha trovato una casa popolare, un lavoro, una nuova prospettiva. "Sta tenendo botta, come diciamo noi. Non è ancora libera da tutto, ma ha cominciato a camminare da sola".Tutto questo è possibile solo lavorando in rete, sottolinea Esposito: "Servizi sociali, SERD, DSM, associazioni, volontari. Non si può agire da soli. Servono equipe multidisciplinari, serve fiducia reciproca, serve tempo. Perché l’autonomia non si regala: si costruisce. E per costruirla servono mattoni solidi: ascolto, rispetto, progettazione e presenza costante". Lo sportello Caritas di Arezzo è questo: una finestra aperta sul disagio reale, dove la povertà non è solo mancanza di denaro, ma il risultato di vite segnate da dolori non elaborati, traumi mai guariti, sistemi che escludono. Un luogo dove ogni giorno si prova, con umiltà e determinazione, a ricucire legami, ripristinare diritti, coltivare speranza.Gaia Papi