
La scrittrice aretina Ilaria Gradassi, 49 anni: «La passione per i libri fin da bambina»
"Se hai scelto le parole giuste, un racconto può stare tutto in un minuto e mezzo". In un’epoca in cui tutto va veloce, un libro di racconti rapidi, appassionanti da leggere ovunque è una bella idea: "Un racconto breve è un grimaldello per la lettura", racconta Ilaria Gradassi, che fin da piccola ha avuto la mania delle cose piccole, tanto da realizzare anche libricini fatti a mano. Insegnante e scrittrice, è l’autrice di "Se fosse amore" il racconto pubblicato nella collana "Bookshake, 50 storie della durata di un click" (Einaudi ragazzi), che sarà presentato il 9 maggio alla Casa sull’Albero.
Gradassi, scrivere un racconto così breve è più difficile? "Moltissimo. Carver dice: ‘uccidi i tuoi cari’. Ovvero usa l’accetta, ciò che ti è più caro non sempre è ciò che serve alla storia. Un buon racconto deve stare in piedi senza fronzoli".
Com’è nato "Se fosse amore"? "Avevo risposto a una call di un’agenzia. Ci hanno chiesto di scegliere un colore a seconda dell’argomento e di scrivere un racconto brevissimo. Ho scelto il rosa, pensando all’amore".
Ama scrivere storie romantiche? "Non proprio. Però avevo un nucleo pronto, nato durante un laboratorio con Nadia Terranova al Circolo dei Lettori di Verona. C’era già Lia, la protagonista. Quando è arrivata questa occasione, mi sono ricordata di questa storia, l’ho asciugata e le ho dato un finale diverso".
Cosa vorrebbe arrivasse ai ragazzi dalla lettura del suo racconto? "Vorrei che leggerla fosse un divertimento. Ognuno può prendere quello che vuole: anche nulla, ma se si diverte va bene".
Cosa accende la sua voglia di scrivere? "La fame di storie che mi ha lasciato il mio babbo Enzo Gradassi. A volte basta una frase sentita per strada o un sogno. Altre, è una scintilla dell’immaginazione".
Come ha iniziato a creare libri? "Mio padre mi ha trasmesso l’amore per i libri. Da bambina ritagliavo, incollavo, creavo. Conservavo tutto per usarlo nei miei progetti. Poi, però avevo abbandonato la scrittura".
Perché? "Mi sembrava di scrivere cose troppo tristi, noiose. Ho ripreso a disegnare e a fare libri in copia unica grazie al mio compagno Marcello e ad amici come Andrea Bucciantini, Matilde Puleo che mi hanno incoraggiata a nutrire questa passione".
Cos’è un libro fatto a mano? "La sintesi perfetta tra parola e immagine. Mi ha aiutato a ritrovare leggerezza e a tornare dritta al cuore delle cose".
Come si possono appassionare i giovani alla lettura? "Con belle storie e belle immagini. E grazie a buoni mediatori: famiglie, scuole, librai".
La lettura è contagiosa? "Assolutamente sì. Io ho letto perché vedevo i miei genitori leggere. Avevamo scaffali pieni di libri in casa, mi sono incuriosita, ho iniziato a sfogliarli".
Il sogno nel cassetto? "Pubblicare un libro con un editore importante".
Il suo luogo del cuore? "È via Verga, una strada della mia infanzia. I miei nonni abitavano lì: città e campagna si incontravano".
Cosa vorrebbe in città che non c’è? "Sogno un luogo vivo come la Sala Borsa di Bologna: un centro polivalente dove ogni età trova spazio per leggere, lavorare, chiacchierare, giocare".