
La Nazione del lunedì dopo la prima Fiera
Arezzo, 1 giugno 2018 - «Prende il via una iniziativa che nei voti di tutti è destinata a un roseo futuro». Chissà se l’anonimo redattore (Carlo Dissennati, uno dei padri dell’Antiquaria?) dell’allora unica pagina di cronaca aretina de La Nazione aveva la palla di cristallo nel vergare (con la macchina da scrivere, of course) questa previsione sulla Fiera, mai così azzeccata e mai così impronosticabile nella domenica di un debutto in cui era difficile mettere nel conto mezzo secolo di edizioni e dieci milioni di visitatori.
Quel 2 giugno 1968, la nostra cronaca (l’unica su piazza, perchè allora il giornale non aveva concorrenti, nè a stampa, nè via radio, tv e tantomeno web) apriva (in gergo si chiama capocronaca) con un pezzo a quattro colonne del glorioso formato lenzuolo dedicato al postelezioni politiche (corsi e ricorsi, si era votato in maggio): «I risultati elettorali / all’esame dei partiti». Di spalla un articolo di sport su tre colonne: «Centauri in gara /nella Camucia-Cortona». Di taglio basso il classico pezzo di calcio: «Gli amaranto a Massa /ma pensano al Cesena».
Per la Fiera un titolo a due in seconda fascia: «Si inaugura oggi / la Fiera Antiquaria». Sobrio, in consonanza con lo stile dei due redattori del tempo: il capo Beppe Dragoni, un mito, e Mario Del Gamba, destinato a un grande destino da cronista giudiziario a Firenze. E tuttavia la macchina del giornale era già in moto per promuovere l’evento anche fuori di Arezzo, come era nella natura di un quotidiano allora e oggi fra i primi del paese.
Il giorno dopo, lunedì 3, infatti, nelle pagine nazionali c’era un grande taglio a cinque colonne: «Successo della Fiera Antiquaria», firmato da uno degli inviati di punta, Giorgio Batini, altra figura leggendaria del giornalismo toscano. Il testo lo potete leggere sotto in condensato, come il direttore Enrico Mattei abbia deciso di inviare uno delle sue firme migliori, invece, a distanza di 50 anni, lo si può solo immaginare, con l’esperienza di chi conosce la macchina del giornale. Dunque i redattori aretini che segnalano l’evento al caporedattore alle provincie, un altro personaggio mitico, Gastone De Anna, lui che mette in moto Mattei e il condirettore Marcello Taddei, Batini che sale in macchina e verga da piazza Grande il resoconto per il giornale dell’indomani.
MA torniamo a domenica 2 giugno 1968. E’ un anno speciale, l’anno della contestazione e lo si capisce subito scorrendo la prima pagina de La Nazionedi quel giorno. L’apertura è sulla politica: il «pastone» di Aldo Airoldi, inventore del genere insieme a Mattei, sul disimpegno del Psu (il partito socialista dell’unificazione) dalla maggioranza. Sembra di essere all’oggi, la perenne fibrillazione della politica italiana. Ma è di spalla e di taglio che si capisce lo spirito del tempo: a Parigi si è appena esaurito il Maggio Francese, il corrispondente del giornale dà conto delle ultime code di uno dei grandi eventi di quell’anno formidabile.
A centro pagina ancora la contestazione, stavolta in Italia: gli studenti ribelli che danno l’assalto all’università di Roma: «Battaglia a sassate / fra occupanti e contrari». A commento del tutto, nel fondo che apre il giornale, la penna sulfurea di Enrico Mattei, che spara a zero, da posizioni conservatrici-moderate, sui contestatori, sui socialisti che li sostengono, sul ministro dell’interno, il Dc Paolo Emilio Taviani, che tollera.
No, non era una domenica qualsiasi quella in cui nacque la Fiera, che si portava dietro lo spirito del tempo, serpeggiante fra un mobile antico e un coccio etrusco. Un grande evento partiva in una grande e tempestosa cornice (il 5 giugno sarebbe stato assassinato Robert Kennedy, speranza d’America). Noblesse oblige per una Fiera che ancor oggi graffia la storia, qualche volta anche quella con la S maiuscola.